Un filo tremante di ragnatela

 

Filiforme nebulosa,
non ancora compiuto evento,
incolmabile vigilia numinosa,
bianco filo di luce nell’aria del vento.

Velatura e capello, argento e seta
nell’acquosa luminescenza sbocciata
nel chicchirichì dei colori,
nel gusto di questi odori.

Diaspro sfolgorare del giorno
che fra un istante di un secondo
prenderà insolente a salire
rotolando lungo la cremagliera del cielo,
scoprendo la terra dal notturno velo.

Rifulgerà la landa accecando
di tutte le sue acque l’incendio
dell’alba che è quasi scoppiata,
pressoché esondata:
esplosione di cielo quasi straripa,
per giungere ovunque, su ogni crinale,
in ogni ripa, in ogni onfale,
m’investe, mi assale
in questo istante in punta di dita,
bellezza mi appare semplicemente infinita,
in ogni profondità mi lascia volare,
mi lancia nel mare,
mi getta di sotto da ponte di nave,
mi tuffa scalzo nel prato di vita,
dimentico lo scafo,
scialuppa di salvataggio,
eraso ogni vecchio defunto equipaggio,
tra pini e un elce, pitosforo e il faggio,
fra dita di verde
il vento calligrafo scrive e disperde
periodi di brezza
e vibra bellezza,
un sistro di luce d’argento,
meraviglia sgomento,
dell’anima mia dischiusa ai gesti,
ovunque vi si manifesti,
ovunque vi si nasconda,
in quest’alba acquosa brulicante feconda
la vela di luce e di vento disvela
un filo tremante di ragnatela.

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