Lo scorso 11 e 12 Maggio ho potuto partecipare al seminario di Stefano Faravelli condotto nella bellissima Villa Pamphili, ed il tempo è stato nostro alleato con un bel sole e temperature dolci.
Il seminario ha avuto un prologo il Venerdì sera con una presentazione del seminario e di Stefano in quanto pittore e docente nella accogliente Libreria Griot, nel cuore di Trastevere; alla Griot da Termini sono andato a piedi in un’oretta di piacevolissima passeggiata nel cuore di Roma.
All’arrivo alla Griot Stefano già presente mi accoglie, e dopo i saluti e l’incontro con altri ragazzi e ragazze presenti, tutti ci sediamo e ci ammutoliamo a vedere dei video di presentazione e ad ascoltare Stefano mentre esegue una presentazione sia del suo lavoro quale pittore e carnettista, sia un approfondimento davvero interessante del mondo del Carnet e del viaggiare.
Nella presentazione Stefano mostra alcune pagine dei suoi preziosi carnet, e si sofferma su una pagina sorprendente, che avevo credo già visto a Riomaggiore, ma che quella sera mi ha così impressionato: un limone.
O meglio 2 limoni: 1 dipinto alla perfezione, a tempera, ed a fianco un limone ad acquerello, luminoso come un sole. Scritte in arabo sugellano il limone destro a tempera – simbolo della quantità – studi e appunti fiancheggiano il limone ad acquerello – simbolo della qualità.
Altre tavole vengono mostrate, sia come icone del tema qualità – quantità, sia per altre discussioni di cui sono assetato ed affamato. Non poche volte con Clau – tornando o andando a Firenze in treno – mentre la ritraggo o mentre lavoro sui carnet (ho imparato a controllare il tremolio del treno, pur di portare avanti le pagine e i dipinti) discutiamo di pittura, di questo o l’altro pittore. Faravelli è indubbiamente uno dei più gettonati, insieme ad Azad, a Monet ed a Pallini, per i ritratti Xu Weixin, Renoir e Morisot. Le nozioni che Stefano esprime con padronanza, competenza e passione, specialmente quella dell’antitesi “qualità – quantità” – che non può non farmi pensare alla compresenza degli apparenti poosti Yin Yang, il Tao – s’incastonano perfettamente in quelle riflessioni fatte in treno, mentre si viaggia.
Nel tornare all’albergo dove dormo – proprio accanto a Termini – dopo un bel piatto di Amatriciana – scovo proprio dietro il mio albergo un minimarket gestito da indiani con tanto di frutta e verdura, e scielgo il più bel limone del bancone, per cercare di dipingerlo come meglio mi sarebbe stato possibile, in quantità e qualità.
Qusto momento, in cui né l’attività di dipingere né lo stare in gruppo ha distorto e distratto l’attenzione, è stato forse il momento più bello e per me significativo dell’incontro.
Citrus Limon
La prima descrizione del limone appare in epoca romana, in acluni dipinti pompeiani. Sembra che il primo agrume del mondo romano sia stato il Cedro, ben noto dai Romani come “Pomo di Persia”.
E’ documentato che i Romani conoscessero già nel I secolo pure il limone e l’arancio amaro.
Un’altra descrizione del limone, introdotto dall’India due secoli prima, appare in scritti arabi del XII secolo: le origini del nome potrebbero derivare dal Persiano Limu.
COme tutti gli agrumi, i Citrus hanno origine nell’Asia sud-orientale, a meridione dell’Himalaya: India, Pakistan, Birmania, fino alla Cina Meridionale, THailandia, Malesia Filippine ed Indonesia.
Di queste zone è l’India quella con più forme selvatiche.
La sua coltura è cominciata circa 3000 anni or sono, inizialmente per ricavare profumi e per scopi ornamentali, successivamente per produrre frutti commestibili.
Il primo chiaro documento che parli dell’albero di del limone è il trattato di agricoltura di Qustus al-Rumi del X secolo, dopo cui segue alla fine del XII secolo il trattato monografico sul limone di Ibn Jami’, c/o la corte di Saladino.
10/05/2013
Dipingo questo limone nella mia camera di Hotel a Roma, a 2 passi da Taermini, la sera.
Essendo troppo buio in camera, sulla piccola scrivania vicino al letto, allestisco uno studio di fortuna nel bagno per dipingere il mio limone.
Di ritorno dalla bella presentazione di Stefano della sua pittura e di quel che sarà, a Dio piacendo, il seminario e la caccia sottile di Villa Pamphili, dipingo questa meraviglia della Natura, comprata all’alimentari degli indiani di sera, verso le 21 e 30, per pochi centesimi.
Chiave che dischiude.
Il primo incontro a Villa Pamphili sarà nel pomeriggio, dunque nella mattina faccio un bellissimo giro a piedi fino all’orto botanico di Roma e m’imbatto nella Mahonia Takeda, le cui bacche sono usate in Cina per ottenere inchiostro.
Dopo aver raccolto da terra un rametto ai piedi dell’arbusto, trovo una panchina in disparte, fermo lo stelo con un elastico sulla pagina sinistra del CArnet, ed inizio a disegnare sulla destra il rametto di mahonia.
Schiaccio le bacche in alto per estrarne l’inchiostro, che aggiungo all’acquerello e con cui scrivo col pennino.
Viola! Nelle sue gradazioni e nelle sue sfumature, è il colore più bello che c’è.
二零十三年 五月十一日 [Anno 2013, mese V, giorno 11]
羞龙 [Xiulong]
Le foglie spinose ed irte della Mahonia mi ricordano le onde del marie, in serie, prime che chiudano a riva.
Lo stelo steccuto ha un che del Bambù, con quei nodi ad osso
Le caccie sottili hanno qualcosa che caccie meno sottili a volte rischiano di perdere.
Si crea una certa e discreta intimità con un soggetto.
Essere così piccolo, eppure pieno di vita e colmo del mistero della vita, tanto quanto un paesaggio, o me.
Berberidacae
mahonia loramiifolia Takeda
Burma, 中国
Splendidi i frutti della mahonia mi regalano non solo una pause di respiro nel dipingerli, ma pure un inchiostro incredibile con cui dipingere e scrivere.
Come sempre, –> 中国 Zhongguo – Cina.
11/05/2013, pomeriggio.
Con Stefano ci addentriamo a Villa Pamphili, approdiamo ad un bel prato, e sotto l’ombra protettiva degli alberi dipingiamo una splendida palma a poche decine di metri davanti a noi.
Realizzo due tavole e cerco di applicare tutti gli insegnamenti che Stefano dispensa direttamente a me, ed indirettamente agli altri compagni.
Applicazione del “grattato” su acquerello ben corposo e carico d’acqua.
L’effetto è incredibile, e adesso comprendo meglio sia la palma – che è sempre più vicina coi suoi datteri rossi, sia alcune delle tavole del Carnet dell’Egitto di Stefano.
Primo e Terzo studio della palma a Villa Pamhili col Maestro Stefano Faravelli. Mi dedico con passione allo studio di questa palma, memore della lezione preziosa della Salsapariglia, ansioso di respirare l’aria di Hilo, profumata dal Pacifico e colma di palme. Stefano è incredibile… mi prepara per le Hawaii.
11/05/2013
2° studio di palma a Villa Pamphili con Faravelli. Pomeriggio inoltrato, luce più bassa.
1) applicazione del “grattato” – acquerello scuro poi grattato – emergono fogliame chiaro
2) applicazione del “grattato” su acquerello prima con campitura scura, poi con mano veloce di acquerello chiaro e poi grattato.
3) guazzo bianco su campitura scura. Più chiaro e netto di 1), ma meno luminoso.
Ettore mentre dipinge la palma.
Lui è la palma.
Lui è semplicemente l’artista
che diviene arte.
小中有大 大中有小
Xiao Zhongyou Da, Da Zhongyou Xiao
Nel piccolo è contenuto il grande, nel grande è contenuto il piccolo.
Pellegrinaggi
La mattina di Sabato 11 entro all’orto botanico di Roma, e m’imbatto subito nell’arbusto di Takeda, raccogliendone un rametto e dipingendo abbastanza rapidamente: a me piace farle piano certe cose… vengono meglio e si gode di più. La furia mi ricorda sempre 2 detti livornesi, rispettivamente sentiti da 2 grandi donne Livornesi, mia nonna Omega e l’amica Lucia, e cioè.
Omega – lo sai ‘ome dice? Mastro furia sgomberò con le porte [tutte] sfondate.
Lucia – hai furia? O dove c’hai d’andà? A pigliallo ner culo?
Dunque, finito – abbastanza rapidamente – il lavoro sulla Takeda, scritti sull’altro taccuino i pensieri che poi la sera avrei trascritto nella MOleskine d’acquerello, inizio a vagare per l’orto botanico che è splendido e rigoglioso.
Adocchio il cartello che indirizza verso il canneto di Bambù, e mi perdo in quella giungla di canne e foglie, che mi par di esser tornato a Zhu Hai (il mare di bambù) al confine dello Sichuan.
Esco – ovviamente – dal sentiero principale, seguo un viottolino assurdo, e mi ritrovo davanti una grande canna di bambù, con inciso il nome di Sofia.
Ringrazio Dio, scatto una foto, e lascio una pagina bianca nel mio carnet, per dipingerla ancora.
Riflessioni
QUeste sono alcune delle pagine dipinte durante la caccia sottile di Villa Pamphili, sotto la guida preziosa dell’amico e maestro Stefano Faravelli.
Tanti, tantissimi i bei momenti personali (dunque strettamente riservati all’intimità del nostro animo)
Altrettanto lo scambio di idee e gli spunti su cui lavorare e riflettere: idee ed intuizioni confermate, altre meno confermate, e specialmente una metodologia di studio che – per me ovviamente parlando – è l’unica che davvero porta a risultati, fatta di tre semplicissime regole dedotte già dal Wushu e dalla Cina:
1) quando un maestro parla, agisce, si rapporta in uno spazio a me vicino, sempre meglio fare un po’ meno ed osservare un po’ di più,,, sempre meglio ascoltare un po’ di più e parlare meno.
2) per me – che mi sento si! Bravino! Ma di certo principiante! Proprio alle prime armi! L’assimilazione di questo o quello passa necessariamente dall’osservare e rifare. Solo dopo la masticazione mi è possibile ingoiare il cibo per poterlo assimilare.
3) nel vivere da soli certi momenti splendidi, illuminanti. C’è un vissuto diverso, forse più profondo del viverli con chi si vuol bene, intendo Claudia e pochi, pochissimi Amici. Ma c’è la condanna di non poter condividere. E che senso ha, la ricchezza, quando non è possibile condividerla?
Tuttavia… nell’assoluta solitudine, spesso, ritrovo me stesso.
Ed incontro sempre Sofia.