Portait de Nao Omura
Carnet 2015: Portrait de Nao Omura
Crayon
Carnet 2015: Portrait de Nao Omura
Crayon
Carnet 2015: portrait de Stefano Faravelli
Crayon
Carnet 2015: 雨龍 Rainy Dragon (drago della pioggia)
Acquerello
Carnet 2015: Larus tridactyla.
Acquerello
Carnet 2015: Portrait de Claudia.
Crayon
L’interazione tra scrittura e immagine
è un caso tipico di uno più uno uguale tre;
aggiunge una dimensione ulteriore,
quella del pensiero
Intervista di Simonetta Capecchi a Stefano Faravelli
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Someone who’s now long dead once wrote
“the world is a book,
and those who don’t travel
read only one page.”
What no one tells you
is that the book is no easy read.
There’s one thing I can say:
whatever it is that you are looking for :
beauty, salvation, enlightenment, danger,
or just to disappear
this will only be a fraction of what you find.
I’m just trying to read the whole book.
Taylor Steele 2006: “Sipping Jetstreams”
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Dedicato a…
Claudia, amore e compagna della mia vita, per sopportare le mie sveglie “avanti grilli”, espediente di ritaglio del tempo per poter proseguire negli studi e nella pittura malgrado l’ingranagio del lavoro stritoli e comprima ciò che è amato e per cui qualche dono ci è stato dato nel “tempo libero”
Rita, che mi ha dato la possibilità di esporre le mie cose al Pickwick, un’oasi nell’oasi di Lanciano; che il mondo si riempia di circoli come il pick!
Palmar , amico prezioso e compagno nei pellegrinaggi e nelle pitture itineranti, che mi ha portato a Lanciano e con cui ho condiviso momenti belli e meno belli (come il letto di Mestre… ) per l’Italia e per l’Europa.
Sofia. Sempre nel mio cuore e nei miei ricordi.
Il maestro Azad Nanakeli, perchè le sue lezioni di acquerello ai piedi del Duomo di Firenze mi hanno permesso di accedere ad un linguaggio pittorico che pensavo, ma che non avevo mai capito come esprimere.
Mio fratello Francesco, pozzo di sapienza infinita, capace di spiegarmi i concetti più difficili in modo che anche io, testone, riesca a capire.
Mia madre e mio padre, radici della vita, che è sacra.
L’amico, maestro, fratello Stefano Faravelli. Perchè lo considero il mio punto di riferimento nell’approccio alla pittura dei taccuini a prescindere da ogni altro influsso ricevuto e che riceverò. E che stimo (a torto o ragione che mi si dia) il maggior carnettista italiano ed europeo vivente e che ho la fortuna di aver incontrato, della cui arte mi considero immeritatamente discepolo, malgrado egli mai abbia parlato di se stesso come maestro.
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TACCUINI ED ALTRI DIPINTI
in mostra al Pickwick, Lanciano, Aprile 2013
Taccuini
1) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Bambina si affaccia alla porta della bottega.
2) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Coppia di anziani Naxi, in abito tradizionale, passeggiano lungo Dong Da Jie subito dopo un acquazzone.
3) Parco di Hei Long Tang (la sorgente del drago nero), nord di Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Il tempio di San Qing
4) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Ritratto a Wing in piazza Si Fang
5) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Tetto e finestre delle case tradizionali Naxi
6) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Particolare delle decorazioni delle finestre e dei tetti delle case di Lijiang. Il pesce, oltre a simboleggiare la prosperità e la vitalità, identifica l’acqua quale linfa vitale di Lijiang e unico possibile antagonista del terribile avversario delle architetture lignee della città: il fuoco.
7) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Ingresso al palazzo dei Mu, antica residenza del clan elitario che governò il regno di Lijiang fino al XVIII secolo.
8) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Particolare dell’ingresso al palazzo dei Mu. La coppia di leoni sono i protettori dell’abitazione, e richiamano ad un’iconografia ricorrente in tutta la Cina e, sotto altre forme iconologiche, in tutto oriente.
9) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Interno del palazzo dei Mu. La roccia al centro del cortile come simbolo della montagna secondo la simbologia del tema del paesaggio inteso come Shan Shui = montagna acqua, ossia rappresentazione dei due poli conplementari, Yin Yang, del creato.
10) Parco di Hei Long Tang (la sorgente del drago nero), nord di Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2005. Il padiglione al centro del lago.
11) Regione di Lijiang, Yunnan, Cina. Estate 2009. I campi intorno a Lijiang, prima di giungere alla “Gola del Balzo della Tigre” lungo lo Yang Se.
12) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2009. Ritratto di giovane proprietaria di una bottega.
13) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate 2009. Una donna Naxi ed una Tibetana nei propri costumi tradizionali.
14) Yu Shui Zhai (villaggio dell’acqua di giada), Yu Long Xue Shan, regione di Lijiang, Yunnan, Cina. Estate 2005. L’ingresso al villaggio avveniva lungo un sentiero ed attraverso un arco ligneo custodito da due statue protettive. Si entrava a piedi. L’ingresso è attualmente stato demolito e sostituito da una via transitabile.
15) Lijiang – Yunnan, Cina. Estate del 2009. Claudia nel ristorante tibetano all’angolo di Dong Da Jie.
16) Interno di un condominio nel quartiere di Nan Li Shi Lu, Beijing (Pechino), estate 2005. Nel cortile del condominio dove avevo la mia casa-stanza in affitto per l’estate del 2005, nel tardo pomeriggio si frescheggia giocando a Scacchi Cinesi.
17) Beijing. Autunno 2010, disegno a matita ripreso dalla seconda di copertina della guida della National Geographic su Pechino, che raffigura alcune taozi (pesche), simbolo di Pechino, visione quotidiana nei mercatini allestiti lungo le vie dei quartieri di Pechino.
18) Tempio d Yuan Tong, Kunming – Yunnan, Cina. Luglio 2009. Una bambina e la nonna si riparano all’ombra di un cantuccio del tempio di Yuan Tong nel primissimo pomeriggio.
Shufa – l’arte dellacalligrafia tradizionale cinese
19) Shufa – calligrafia cinese. Carattere 术Shu – Arte. Il carattere 术 arte, rivisto e specchiato, sembra rappresentare, dal basso, 人ren – un uomo a braccia divaricate, nell’atto di emettere dalla bocca il carattere ‘ dian o zhu – goccia, unità di base è fondamentale della calligrafia cinese enormemente diffice da padroneggiare (difatti qui è errato).
20) Shufa – calligrafia cinese. Carattere 龍 Long – drago. Il carattere 龍 indica il drago quale animale mitologico, benevolo, portatore di pioggia e di prosperità, simbolo della corte imperiale e della regalità o elite politica quale garante delle medesime buone proprietà (meditiamo amaramente…) Il carattere qui dipinto in stile dell’erba è il medesimo inciso dal sigillo, nell’impressione in alto, il 1° carattere da sinistra, qui invece eseguito in stile 金文Jinwen (scrittura del bronzo) attestata insieme alla scrittura oracolare 甲骨文 Jiǎgǔwén dal II millennio a. C. Circa.
21) Shufa – calligrafia cinese. Febbraio 2005. 鸡 Ji – gallo, in occasione del capodanno cinese.
22) Barcellona, Estate 2010. La Cattedrale.
23) Barcellona, Estate 2010. La Cattedrale, particolari: le guglie, Santa Elena e la Santa Croce.
Freehand watercolors – acquerelli a “mano libera”
24) Firenze, fine Autunno 2012. Impressioni di Firenze in Autunno con foschia.
25) Firenze, fine Gennaio 2013. Impressioni di Firenze a fine Gennaio, mattina, sole.
26) Campagna toscana, Autunno 2012. Impressioni della campagna toscana di primo mattino, Settembre 2012.
27) Campagna toscana, Autunno 2012. Impressioni della campagna toscana al tramonto, fine Settembre 2012.
Altri dipinti
28) Mal di Cina
29) 节奏 jié zòu – ritmo, varietà
30) 耶稣誕生 Yēsū Dànshēng, Natività
31) 早饭zaofan – colazione
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Taccuini e carnet de voyage
La parola “carnet” in Fracese significa taccuino, e deriva dal Francese Medioevale quernet, che indicava un gruppo di 4 fogli rilegati assieme.
L’etimologia di taccuino è poi riconducibile all’arabo كتاب taquîm che indica una disposizione ordinata, così come in ebraico il termine indica sia la somma, il numero, sia l’azione di numerare, disporre.
Approfondendo ulteriormente l’etimologia di taccuino, in accordo e grazie a Stefano Faravelli e Francesco Zamblera1, la parola araba taquîm è legata ed esprime il concetto di creazione: è l’infinito di “qawwama”, creare, letteralmente “far alzare”. Il verbo semplice è qama yaqumu “alzarsi”. La radice è qwm , così come in ebraico, dove pure vuol dire alzarsi.
Questa lunga introduzione non come pedante esternazione di sapienza ed erudito accademismo, ma per esprimere e fondare su solide basi l’impulso estremamente personale, creativo, a volte colmo di gioia ed altre disarmante e stancante, che sono alla base dei carnet e/o i taccuini che dipingo.
Nascono così i miei taccuini di viaggio, creazioni del pellegrinare in luoghi in cui non posso far a meno di dipingere, perchè penso, e penso perchè sento, che dipingere sia l’espressione con cui indagare ed esprimere il vivente.
Le pagine dei taccuini dunque ” […] non vogliono essere l’estemporaneo esercizio di un’abilità tecnica ma la narrazione della mia esperienza spirituale in un paese 2 “.
I paesi in cui mi son trovato a pellegrinare, ho scoperto che possono avere confini geografici ed essere compressi nei miei Carnet de voyage, come i carnet sulla Cina, sul Portogallo o su Riomaggiore.
I confini, alcune volte, sono focalizzazioni tematiche, e dunque l’impulso pittorico è riversato in taccuini monografici e di studio, come “Il Rotolo dei 9 Draghi” Carnet di studio su Moleskine giapponese.
Le frontiere dei miei viaggi sono anche temporali, ed il pellegrinare di ogni anno di vita lo riverso in un taccuino personale che inizia e si conclude ogni anno ” […] testimone di una ricerca e supporto di un approccio senza mediazioni alla realtà […] 3″.
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Shufa – l’arte della calligrafia tradizionale cinese
[ https://www.xiulong.it/Xiuart/?p=377 ]
La calligrafia in Cina è stata una delle prime espressioni artistiche sviluppatasi, e più di ogni altra raccoglie e sintetizza le concezioni filosofico-estetiche della cultura cinese, le cui valenze saranno poi applicate al campo della pittura. È un’arte i cui codici, sperimentati ed affinati per circa 2.000 anni, permettono di aprirsi alla creatività più spontanea, coltivando la sensibilità dello spazio, dell’equilibrio e dell’armonia compositiva.
Oggi quest’arte millenaria è ancora estremamente vitale, ed è un campo dove artisti occidentali – come Nicola Piccioli e Paola Billi – ed orientali, separati da grandi distanze ed esperienze culturali, possono esprimersi allo stesso modo analoghe esigenze esistenziali. La pratica e l’insegnamento della calligrafia permette di introdurre una nuova prospettiva interculturale, capace di far vivere in prima persona un’esperienza stimolante per un’apertura alla comprensione culturale, alla comunicazione, alla creatività artistica.
La logica di costruzione dei caratteri della scrittura cinese, a prescindere dallo stile abbracciato o di cui – come me – si tenta imitazioni, risponde comunque a regole estetiche e movimenti “strutturali” che coinvolgono il tempo e lo spazio, dando vita ad un mezzo di espressione universalmente praticabile.
Come accade per la musica, una vota appresi gli elementi di base si procede all’elaborazione di un linguaggio che diviene espressione della propria interiorità artistica.
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Freehand watercolors – acquerelli a “mano libera”
[ https://www.xiulong.it/Shangdian/ | https://www.xiulong.it/Xiuart/?p=939 ]
Questi acquerelli sono dipinti senza alcun previo disegno, ma direttamente con acquerello su carta Arches, seguendo l’insegnamento del Maestro Azad Nanakeli, in uno stile personalissimo e dedito alla descrizione delle impressioni dei paesaggi della Toscana.
Sono impressioni del paesaggio straordinario tanto naturale quanto urbano di Firenze, così come vedo quotidianamento viaggiando tra Livorno e Firenze ed osservando il.
La Palette dei colori usati appartiene ad una selezione di demi godet Winsor & Newton, Sennelier, Old Holland e Shmincke, tutti della serie artist watercolors; la carta è Arches a grana fine, 300 g/m², 100% cotone (album con copertina verde).
Per raccoglierli ho deciso di scrivere sul retro di ognuno la data di realizzazione, ed un numero consecutivo. Per ogni acquerello dipingo per 30 minuti – un’oretta di lavoro.
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Mal di Cina
[ https://www.xiulong.it/Xiuart/?p=305; ]
Questo è il ritratto di una bambina tibetana dello Yunnan, e si basa sulla fotografia “Bambina di un villaggio nei pressi del monastero Songzanlin” di Gianni Limonta in “Yunnan – Cina” pubblicato nel 2000 dalla Leonardo Arte.
Lo schizzo preparatorio eseguito a tecnica mista , acquerello e matita colorata su carta da spolvero rosa, è stato selezionato per la copertina del libro “Benvenuti nel paese delle donne” di Francesca Rosati Freeman, edito dalla XL edizioni nel 2010.
Questo è anche il ritratto del sentimento personale di immensa nostalgia per la Cina, in particolar modo dei paesaggi umani incontrati nel mio pellegrinaggio lungo la porzione nord-occidentale della provincia dello Yunnan, ai piedi del Tibet. Il titolo è anche citazione dell’opera omonima di Ilario Fiore che ben descrive sintomi e sentimenti del mal di Cina.
La bambina di Songzanlin è l’incarnazione della bellezza vissuta laggiù, di volti di terracotta dalle gote arrossate dal sole, di espressioni fiere ed al contempo timorose con sguardi di perla, della festa di colori dei costumi tradizionali delle minoranze dello Yunnan, un’enorme ricchezza ed una sconfinata varietà etnica, culturale ed artistica di quella provincia ai confini dello Sichuan e del Tibet, una delle visioni più toccanti che quotidianamente rivive nei miei pensieri e nei miei ricordi di Cina.
Il monastero di Songzanlin è un complesso religioso la cui fondazione risale a circa 300 anni fa, e nella sua imponente struttura vivono dai 200 ai 300 monaci buddisti. La via per accedere al monastero è circondata da vecchi edifici fatti di terra essiccata e legno, con improvvisi lampi di calce bianca, uno sfondo unico e silenzioso in cui appaiono e veleggiano macchie porpora e rosa: i monaci al lavoro e le bambine del villaggio limitrofo dalle vesti fuxia, con copricapi sgargianti, decorati con motivi floreali, dai volti dolci e baciati dal sole, che desiderano vendere piccoli oggetti dell’artigianato locale ai visitatori. Il monastero si trova presso la città di Zongdian, conosciuta anche con il nome di Shangri-la, distante circa 200 km a Nord di Lijiang, crocevia etnico-culturale e capitale della religione Dongba e della tradizione manoscritta pittografica del popolo Naxi.
Lijiang, Zongdian ed i loro abitanti sono alcune gemme del variopinto e prezioso scrigno dello Yunnan, a sua volta parte dell’immenso tesoro della Cina. Questa provincia sud-occidentale abbraccia la più grande varietà di visioni e paesaggi di tutta la Cina, partendo dalla giungla del sud al confine con Laos e Myanmar (Birmania) e giungendo a nord fino alle imponenti montagne del Tibet, un altopiano di terra rossa solcato da fiumi imponenti come lo Yangtse, il Mekong ed il Salween.
Il volto, gli occhi, l’esplosione di colori degli abiti della bambina di Songzanlin sono il ritratto di questa abbagliante varietà e della ricchezza variopinta che ho incontrato nel mio pellegrinaggio nel 2005, al cui ritorno sono stato afflitto da inevitabile mal di Cina.
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耶稣誕生 Yēsū Dànshēng, Natività
[ https://www.xiulong.it/Xiuart/?p=360 ]
Ho dipinto questa natività su carta ed a matita colorata, ed nasce da una bellissima fotografia trovata causalmente sul web che ritrae una mamma con la propria bambina.
Vedendo quella foto, ispirato sia dai dipinti su seta di Matteo Ricci, ho iniziato a pensare e sentire di una natività che fosse ambientata in Cina.
È nato così un primo schizzo a matita acquarellabile.
Lentamente ho poi costruito il lavoro più certosino a matita colorata.
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节奏 jié zòu – ritmo, varietà
[ https://www.xiulong.it/Xiuart/?p=431 ]
In Cina tutto ha ritmo…
Queste parole descrivono il concetto di varietà, di alternarsi e compresenze di complementari naturali tanto nel paesaggio – che non per niente è detto Shan Shui, ossia montagna acqua – quanto in tutta la vita e l’esistenza.
Ho quindi eseguito questo acquerello con la volontà di descrivere la varietà ed il ritmo della vita.
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早饭 zaofan – colazione
[ https://www.xiulong.it/Xiuart/?p=527 ]
, ma quella mattina dei primi di Ottobre del 2005, appena tornato dai mesi di Pechino, con la crisi di astinenza da Baozi appena cotti sui panieri impilati, con il profumo di pane dolce, caldo del vapore succulento.
Tutto questo mi fece deviare dalla mia destinazione: San Donnino, il lavoro che m’inchiodava sottopagato ed al nero in uno spazio improbabilmente reale, e Via Pistoiese ruotava spinegendo le altre macchine e la poca gente alla fermata del 35 fin dietro la mia schiena, mentre iniziava ad avvicinarsi Via della Saggina, il cui centro per me era il Beijing Kuai Canting – rosticceria veloce Pechino, un piccolo ristorante cinese per cinesi ai confini tra i due quartieri con gli occhi a mandorla di Firenze, Brozzi e Peretola.
Lisa, in ritardo perchè aveva dormito troppo come al solito, mi sorride perché poteva sembrare che ci fossimo dati un imbarazzante appuntamento sulla porta del piccolo locale dei suoi, mentre dentro è la solita piena caciara: volti del quartiere di Nanli Shilu e di Tiantan di Pechino, indaffarati ad incartare i Luotiao fritti, a divorare Baozi fumanti, a sorseggiare zuppe calde con generose aspirate di spaghetti misti all’aria, per rendere tutto meno rovente.
Sul tavolo del babbo di Lisa, una rivista: ExChange.
In copertina un ritratto ad olio, un uomo ed una donna a cavallo, sotto dei cani, un sigillo rosso a sinistra, con Manet in 5° pagina, Modigliani in 7°, e poi quadri ad olio cinesi: è d’arte. E di muovo Monet e Renoir accanto e sotto un acquerello cinese delicato e pastellato come i capelli, il sorriso e gli occhi della bimba bionda di Renoir, e solo il veleggiare di Lisa dietro il banco e fra i tavoli mi abbaglia lo sguardo, le pagine si abbassano e mi riappaiono già voltate davanti. Anche lei si eclissa però quando vengo investito da un quadro allucinante, una scena scura, polverosa e sporca di calcina, un paesaggio umano di una dozzina di volti d’operai.
Illuminati.
Da una luce calda, che mi fa sentire voci, vedere colori, respirare odori.
Tutto in un istante,
e sono nel mezzo della colazione di quel cantiere edile, proprio come quello di Pechino, di fronte alla fermata del 15 che alle 5 e mezzo spaccate di tutte le mattine si presentava in fondo alla curva nebbiosa per portarmi a Tiantan Gongyuan.
Un soffio.
I mesi in Cina.
Gli anni di vita passati da quell’Ottobre a questo Marzo appena iniziato.
Da quella mattina ad oggi ho iniziato a desiderare, immaginare, pensare e costruire.
Questo lavoro a matita, ed altri che hanno già preso forma o che non si sono ancora realizzati, sedimentati.
Ho tentato.
Quel qualcosa che era scaturito fin da quella mattina, ed ha iniziato a muovermi nel profondo, come dal profondo di quel di dipinto che scoprirò chiamarsi genialmente 工棚gōng péng – baracca da lavoro, scaturivano qui volti e quegli occhi, ritratti di ritratti.
L’autore avrà poi un nome: 徐唯辛 Xu Weixin, ma già da quella mattina, senza che di lui sapessi niente, e lui di me, iniziammo a dialogare e cominciammo il nostro exchange, proprio come si scambiavano sguardi i volti dei due quadri della pagina accanto, quello a toni di seppia del vecchio dipinto seduto sul minuscolo panchetto nella minuscola casa-stanza, e quello sfinito, allucinato e completamente ricoperto di carbone del minatore.
Uomini.
Come me, come l’artista Weixin, anche lui un giorno nato, ad 乌鲁木齐 Urumuqi. Anche lui laureato due volte, all’Accademia di Belle Arti di Xi’an ed all’Accademia dell’Arte dello Zhejiang.
Lui, adesso, docente presso la Scuola di Arte Xu Beihong dell’Università Renmin, uno dei pittori cinesi più grandi, sicuramente il più importante dei realisti: i sui quadri mi hanno toccato.
Mi sono rimasti nel cuore e nella mente.
In quelle scene, in quei paesaggi di uomini: osservo e provo lo stesso dramma, la stessa commozione, la stessa fierezza che vedevo, seduto sul marciapiede ad aspettare il 15, negli occhi lontanissimi di quegli uomini a 20 metri da me, sguardi du cui ho visto pullulare la Pechino e la Shanghai accanto a dove ho abitato.
Come degli occhi della bambina di Songzalin, vedo in quegli sguardi la stessa luce fiera e quel senso di smarrimento e paura che mi chiede: ma che cosa sarà del mio destino?
Queste sensazioni sono la mia dannazione ed il mio tesoro.
Riesco e sono costretto a rivederle e riviverle.
Ne voglio parlare, voglio dipingerle.
I volti di questa mia matita, allora, non tanto come ritratti dei più anonimi dei più operai, ma esseri umani pieni d’umanità, individui.
I fratelli della bambina di Songzalin, tutti figli di una natività, come figli di una natività sono quelli dipinti da Weixin nelle serie ” I ritratti del vuoto” ed in “Cronache di minatori cinesi”, in cui l’artista parla di tematiche umane.
Scelgo di gettare luce radiante su coloro che sono al buio, invisibili, indistinti e trascurati.
Mi con-centro tra coloro che sono i dispersi, anche dal “si-vive” della massa anonima e della collettività.
I ritratti di Weixin ai miei occhi sono monumenti: ai loro piedi non solo mi sento ispirato, ma sono letteralmente proiettato da spettatore a protagonista, gettato ad arrampicarmi con le mani per toccare il marmo e le venature, dei volti e delle mani, la Cina quotidiana che conosco, la metafora di un mondo.
Oso.
Sfido.
Concentro il mio sguardo e le mie matite su questi eventi, sul confronto e sulla riflessione di questi momenti storici della mia contemporaneità e del mio vivere.
Pretendo.
Di dipingere ciò che provo, di esprimere quello che m’imprime, di rappresentare cosa vedo e come lo vedo: miope.
Non posso vedere confini precisi e linee nette, e non cerco di copiare, ma tento di rendere omaggio ad un capolavoro ed a realtà già raggiunte.
Se in realtà io sono già, in matita io divento uno di loro, al risveglio dopo il sonno pesante di un miliardo di mattoni.
Sono affamato, sono assetato.
Mi nutro e bevo anche di Weixin.
Mastico per riuscire ad ingerire, rumino per metabolizzare e per rivivere.
Allora mi sento, allora mi scopro: vivere ed essere, non solo esistere.
Sulla carta scura, tra uomini che mi sono vicini, tra colori di stanchezza e di polvere.
Pretendo.
Di tentare.
Di divenire tassello di un mosaico, a cui malgrado io non appartenga dalla nascita mi ha accolto ed adottato fraternamente.
Ritraggo la vita che vivo e che conosco.
Qualcosa di diverso dal chiasso di certe rivoluzioni di facce colorate ed entusiastiche.
Stefano Zamblera – 羞龍Xiulong
Sono nato il 13 Settembre del 1976 e da quando sono bambino amo l’arte, dipingere, fare modellismo.
Mi sono laureato in Egittologia all’Università di Pisa e l’anno seguente iniziai a frequentare e studiare alcune materie della laurea specialistica in Informatica Umanistica, in cui l’informatica è studiata nei suoi applicativi dedicati alle scienze umane: questa esperienza universitaria confermò circa l’importanza ed il potenziale dell’utilizzo dell’informatica all’interno dei contesti artistici, linguistici, storici e letterari. Nel 2011, avendo concluso i corsi che più mi interessavano, ho iniziato a concentrarmi anche in ambito accademico sullo studio delle orientali, passando al CDL Magistrale di “Lingue e culture dell’Oriente Antico e Moderno” c/o l’Università di Firenze.
Dopo il viaggio in Cina del 2005, mi sono dedicato allo calligrafia cinese, assieme allo studio del mandarino, della sigillografia e della pittura cinese tradizionale, adottando inoltre l’acquerello e le matite come i medium principali dei miei Carnet, preferendo la pittura ad olio per lavori di maggiori dimensioni e differenti approcci.
A proposito del mio modo di dipingere, penso che ci siano stati due incontri che mi abbiano influenzato enormemente: prima di tutto lo studio dello stile che chiamo “neo-impressionista” della scuola americana di “Cape Cod School of Art”, fondato grazie al maestro Charles Hawthorne, la cui eredità è trasmessa da Lois Griffel e dagli altri discepoli. Il secondo incontro è stato con i pastelli ad olio Sennelier, che mi hanno consentito una libertà enorme nell’espressione pittorica.
Grazie ai frequenti viaggi in Cina ho potuto incontrare l’opera di artisti tradizionali, tra cui amo 陈容 Chen Rong (1235–1262), 石涛Shitao (1642-1707) e 八大山人 Bada Shanren (1626-1705), così come di artisti contemporanei, tra cui adoro 徐惟辛 Xu Weixin (1958 ) che ho fortunatamente potuto incontrare nel Suo studio all’Università di Renmin a Pechino nell’estate del 2011.
Dal 2007 ho iniziato a frequentare l’atelier di Marzia Pieri, dove ho potuto approfindire l’utilizzo della grafite e delle matite colorate. Nello stesso momento ho potuto iniziare a studiare l’acquerello seguendo il maestro Azad Nanakeli, che mi ha estasiato con il suo stile unico e il suo medoto di utilizzare i colori “molto macinati, come il buon caffè”.
Infine (ma non per ultimo) è l’incontro con Stefano Faravelli. Iniziato da principio attraverso i Suoi Carnet di viaggio, si è poi concretizzato con l’esperienza di pittura itinerante nell’Estate del 2010 a Riomaggiore: questa esperienza ha cambiato ed influenzato il modo di pensare i miei Carnet di viaggio ed i miei Carnet di studio. Questi ultimi sono una sorta di monografie in cui dipingo e scrivo su una tematica, come ad esempio il lavoro realizzato per il Rotolo dei 9 draghi, o quello consacrato alle Piste Carovaniere del Deserto Occidentale Egiziano.
L’articolo Taccuini ed altri dipinti – circolo Pickwick, Lanciano sembra essere il primo su XIUART.