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Draftnotes page about the serpent-like god Ssu of Naxi - Dongba tradition

Draftnotes page about the serpent-like god Ssu of Naxi – Dongba tradition

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Premio Italia 2010

Ho partecipato a questa edizione del Premio Italia per le Arti Visive 2010 presentando due lavori:

Peonie

牡丹 mǔdān- Peonie

牡丹 mǔdānPeonie, acquerelli ed inchisotro cinese, acquerello, su carta, presentato alla sede ed alla sessione del Premio Italia di Capraia Fiorentina, che mi ha fatto guadagnare un inaspettato invito ad esporre in rassegna

Colazione

Colazione

Colazione, matita su cartoncino nero.

Colazione è un lavoro a cui tengo moltissimo, forse il più intenso che abbia mai realizzato.  Per me molto importante sia dal punto di vista pittorico, sia dal punto di vista tematico e sociale: in entrambe i casi questo lavoro è stato frutto di lunghi pensieri e ripensamenti, di assimilazione dell’arte dell’incredibile Xu Weixin – pittore cinese realista contemporaneo e, per fortuna nostra, vivente – metabolizzazione di certe tematiche sociali che ho vissuto direttamente nella Cina non proprio turistica, tantomeno famosa e famigerata così come riportata dal 99,9% dei media quotidianamente.

Ad aver potuto scegliere, avrei di gran lunga preferito il più infimo riconoscimento a questo lavoro che la premiazione di Peonie, tantopiù che reputo Peonie tecnicamente molto più semplice e molto peggio eseguito di Colazione.

Senza contare le tematiche sociali oggettivamente espresse: personale impegno e volontà a discutere e testimoniare tanto della condizione lavorativa operaia cinese – del nostro emisfero -, quanto dell’evidente e forse del tutto personale necessità e centralità dell’interazione tra popoli e culture.

Adesso, comunque, le mie energie si concentrano intorno ad un lavoro di carnet di viaggio sulla città di Lijiang, in attesa ed in preparazione all’agognato incontro con Faravelli di fine Luglio.

Spero solo che nelle prossime edizioni del Premio Italia e di altre manifestazioni si possa aspirare a partecipare con un lavoro a matita in sezione diversa da quella stessa in cui si gareggi con fotografie ed opere di grafica eseguite con supporti diversi dalle proprie mani, da un temperamatite e dalla gomma pane…

Grazie a Marzia per i suoi consigli e per l’insegnamento prezioso, a Clau per aver avuto la pazienza di guardarmi lavorare  ed a Simone per il suo instancabile lavoro!!!

Colazione – 早饭Zaofan

Colazione – 早饭 Zaofan
matita colorata su cartoncino nero,
cm. 65 x 50

col

Colazione – 早饭 Zaofan

ma quella mattina dei primi di Ottobre del 2005, appena tornato dai mesi di Pechino, con la crisi di astinenza da Baozi appena cotti sui panieri impilati, con il profumo di pane dolce, caldo del vapore succulento. Tutto questo mi fece deviare dalla mia destinazione: San Donnino, il lavoro che m’inchiodava sottopagato ed al nero in uno spazio improbabilmente reale, e Via Pistoiese ruotava spinegendo le altre macchine e la poca gente alla fermata del 35 fin dietro la mia schiena, mentre iniziava ad avvicinarsi Via della Saggina, il cui centro per me era il Beijing Kuai Canting – rosticceria veloce Pechino, un piccolo ristorante cinese per cinesi ai confini tra i due quartieri con gli occhi a mandorla di Firenze, Brozzi e Peretola.

Lisa, in ritardo perchè aveva dormito troppo come al solito, mi sorride perché poteva sembrare che ci fossimo dati un imbarazzante appuntamento sulla porta del piccolo locale dei suoi, mentre dentro è la solita piena caciara: volti del quartiere di Nanli Shilu e di Tiantan di Pechino, indaffarati ad incartare i Luotiao fritti, a divorare Baozi fumanti, a sorseggiare zuppe calde con generose aspirate di spaghetti misti all’aria, per rendere tutto meno rovente.

Sul tavolo di Marco, il babbo di Lisa, una rivista: ExChange. In copertina un ritratto ad olio, un uomo ed una donna a cavallo, sotto dei cani, un sigillo rosso a sinistra, con Manet in 5° pagina, Modigliani in 7°, e poi quadri ad olio cinesi: è d’arte. E di nuovo Monet e Renoir accanto, con sotto un acquerello ed un olio cinese, delicati e pastellati come i capelli, il sorriso e gli occhi della bimba bionda di Renoir, e solo il veleggiare di Lisa dietro il banco e fra i tavoli mi abbaglia lo sguardo, con le pagine che si abbassano e mi riappaiono già voltate davanti. Anche lei si eclissa però quando vengo investito da un quadro allucinante, una scena scura, polverosa e sporca di calcina, un paesaggio umano di una dozzina di volti d’operai.
Illuminati.
Da una luce calda, che mi fa sentire voci, vedere colori, respirare odori.
Tutto in un istante, e sono nel mezzo della colazione di quel cantiere edile, proprio come quello di Pechino, di fronte alla fermata del 15 che alle 5 e mezzo spaccate di tutte le mattine si presentava in fondo alla curva nebbiosa per portarmi a Tiantan Gongyuan.

Un soffio.

I mesi in Cina.
Gli anni di vita passati da quell’Ottobre a questo Marzo appena iniziato.
Da quella mattina ad oggi ho iniziato a desiderare, immaginare, pensare e costruire. Questo lavoro a matita, ed altri che hanno già preso forma o che non si sono ancora realizzati, sedimentati.
Ho tentato.
Quel qualcosa che era scaturito fin da quella mattina, ed ha iniziato a muovermi nel profondo, come dal profondo di quel di dipinto che scoprirò chiamarsi genialmente 工棚gōng péng – baracca da lavoro, scaturivano qui volti e quegli occhi, ritratti di ritratti.
L’autore avrà poi un nome: 徐唯辛 Xu Weixin, ma già da quella mattina, senza che di lui sapessi niente, e lui di me, iniziammo a dialogare e cominciammo il nostro exchange, proprio come si scambiavano sguardi i volti dei due quadri della pagina accanto, quello a toni di seppia del vecchio dipinto seduto sul minuscolo panchetto nella minuscola casa-stanza, e quello d’infinita stanchezza, allucinato e completamente ricoperto di carbone del minatore.
Uomini. Come me, come l’artista Weixin, anche lui un giorno nato, ad 乌鲁木齐 Urumuqi. Anche lui laureato due volte, all’Accademia di Belle Arti di Xi’an ed all’Accademia dell’Arte dello Zhejiang. Lui, adesso, docente presso la Scuola di Arte Xu Beihong dell’Università Renmin, uno dei pittori cinesi contemporanei più grandi, sicuramente il più importante dei realisti: i sui quadri mi hanno toccato.
Mi sono rimasti nel cuore e nella mente.
In quelle scene, in quei paesaggi di uomini: osservo e provo lo stesso dramma, la stessa commozione, la stessa fierezza che vedevo, seduto sul marciapiede ad aspettare il 15, negli occhi lontanissimi di quegli uomini a 20 metri da me, sguardi du cui ho visto pullulare la Pechino e la Shanghai accanto a dove ho abitato. Come negli occhi della bambina di Songzalin di Limonta, diventati sulle orme di Ilario Fiore il mio Mal di Cina, vedo in quegli sguardi la stessa luce fiera e quel senso di smarrimento e paura che mi chiede: ma che cosa sarà del mio destino?
Questo è la mia dannazione, questo è il mio tesoro.
Voglio parlarne, voglio dipingerne.
I volti di questa matita, allora, non tanto come ritratti dei più anonimi dei più operai, ma esseri pieni d’umanità, individui. Fratelli della bambina di Songzalin, tutti figli di una Natività, come lo sono quelli dipinti da Weixin nelle serie ” I ritratti del vuoto” ed in “Cronache di minatori cinesi”, in cui l’artista parla di un solo tema: l’uomo.
Scelgo di gettare luce radiante su coloro che sono al buio, invisibili, indistinti e trascurati. Mi con-centro tra coloro che sono i dispersi, anche dal “si-vive” della massa anonima e della collettività.
I ritratti di Weixin ai miei occhi sono monumenti: ai loro piedi non solo mi sento ispirato, ma sono letteralmente proiettato da spettatore a protagonista, gettato ad arrampicarmi con le mani per toccare il marmo e le venature, dei volti e delle mani, la Cina quotidiana che conosco, la metafora di un mondo in cui oso vivere e di cui oso parlare.
Concentro il mio sguardo e le mie matite su questi eventi, sul confronto e sulla riflessione di questi momenti storici della mia contemporaneità e del mio vivere.
Pretendo. Di dipingere ciò che provo, di esprimere quello che m’imprime, di rappresentare cosa vedo e come lo vedo: miope.
Non posso vedere confini precisi e linee nette, tanto meno cerco di copiare, ma tento di rendere omaggio ad un’opera ed a realtà già raggiunte.
Sono, in punta di matita, uno di loro, al risveglio, dopo il sonno pesante di più di un miliardoeduecentomilioni di mattoni.
Sono affamato, sono assetato, mi nutro e bevo anche di Weixin.
Mastico per riuscire ad ingerire, rumino per metabolizzare e per rivivere.
Allora mi sento, allora mi scopro: vivere, ed essere! Non solo esistere.
Sulla carta scura, tra uomini che mi sono vicini, tra colori di stanchezza e di polvere.
Pretendo. Di tentare.
Di divenire tassello di un mosaico.
Parte ed elemento di insiemi di cui sono intersezione.
Ritraggo la vita che vivo e che conosco.
Qualcosa di diverso dal chiasso di certe rivoluzioni di belle facce colorate ed entusiastiche.

XXVII Premio Firenze, 2009

Con molto piacere ed altrettanto ritado, riesco a pubblicare questo breve articolo dedicato alla ventisettesima edizione del Premio Firenze 2010, al quale ho partecipato con due lavori:

耶稣誕生 Yēsū Dànshēng, Natività

耶稣誕生 Yēsū Dànshēng, Natività

Natività, matita colorata su carta, che si è guadagnato un posticino nella sezione “Mostra Virtuale” del sito ufficiale del XXVII Premio Firenze.

Ritratto a Matteo Ricci

利玛窦 Lì Mǎdòu – Ritratto a Matteo Ricci

利玛窦 Lì Mǎdòu – Ritratto a Mattero Ricci, acquerello su carta

Uniche due note che vorrei fare, del tutto personali: giudicare un quadro da una foto lo vedo davvero arduo, e che quando si presenta un lavoro con un titolo, che questo sia mantenuto nell’edizione di un catalogo perchè almeno personalmente,  scelgo titoli che sono parte indispensabile del lavoro che presento. Un po’ diverso chiamare un lavoro che raffigura un ponte “ponte” o chiamarlo come avrei deciso io e presentato “ritratto a Matteo Ricci“.

Forse è stato pensato che ci potesse essere un errore :-) anche perchè non credo che sia tanto nota la figura di Ricci, ed allora già che ci sono metto il link alla voce di Wikipedia ed alla fondazione Matteo Ricci.

Aide 爱的

Quel ristorantino tibetano è uno dei nostri ristoranti preferiti di Lijiang si trova in fondo a Dongda jie, la via che se percorsa fino in fondo porta al grande mulino ed alla piazza da cui è possibile incamminarsi per Heilong Tan.

Claudia a Lijiang, profilo: matita colorata su carta, cm 19 x 23

Claudia a Lijiang, profilo: matita colorata su carta, cm 19 x 23

Oltre che per il cibo incredibilmente buono, questo piccolo ristorante-pub tibetano, offriva questa comoda terrazzina dove sedersi e rilassarsi, ed osservare il viavai placido – a volte frenetico – della splendida Lijiang sotto i nostri occhi.

Peonie – 牡丹 Mǔdān

La peonia è il capolavoro dei cinesi. E, bisogna aggiungere, è la massima sublimazione del cavolo: guai se nella manifestazione più alta non si percepisse anche un’ombra della più infima. Mi è difficile esprimere la grande passione che ho per le peonie […] “.

Ippolito Pizzetti

Peonie
牡丹 mǔdān-Peonie

La Peonia è uno tra i fiori che vantano una storia ed una simbologia antichissima, ed assieme al fiore di Prugna è un’icona ed un emblema della cultura cinese.

Il suo nome in ideogrammi è 牡丹 mǔdān ed è composto dai termini 牡 mǔ maschio, maschile, e 丹 dān una parola dai più significati tra cui il colore rosso, la polvere di cipria, il cinabro, ma è anche conosciuto come 富贵花 fùguìhuā – il fiore delle ricchezze e dell’onore.
L’utilizzo della Peonia nell’arte cinese ed orientale è millenario:si tramanda infatti che questo fiore venisse protetto dagli imperatori, i quali retribuivano con generosità i coltivatori delle varietà più belle, e dunque la Peonia divenne uno dei principali motivi decorativi, così come documentato ad esempio dalle preziosissime porcellane di epoca Ming (1368 – 1644) e Qing, (1644 – 1912) e proprio durante i Qing venne eletta come fiore nazionale ed emblema della Cina.

In tutto oriente è indicata come la regina dei fiori, e le sue virtù medicinali erano e sono attualmente utilizzate nella medicina tradizionale cinese e giapponese; le sue proprietà erano note in antichità anche in Europa, così come tramandato dal mito di Peon, medico degli dei ed allievo di Esculapio, che curò Plutone da una ferita proprio utilizzandone le radici, e dunque il dio per ringraziarlo e per sottrarlo all’invidia dei colleghi, gli fece dono dell’immortalità trasformandolo in un fiore: la peonia appunto.

L’utilizzo ornamentale del fiore in Europa conobbe però un tardo impigeo, anche perchè le Peonie arboree rimasero sconosciute fino al XVIIII secolo, quando la coltivazione venne introdotta a seguito dei viaggi di botanici inglesi e francesi; ecco dunque che anche nella nostra cultura questo fiore è generalmente associato ad un motivo iconografico orientale, in particolare alla Cina, dove la sua celebrità è pari a quella della rosa presso la nostra cultura.

Il soggetto che ho scelto di rappresentare è proprio ispirato all’iconografia tradizionale cinese, sia nella tematica che nella tecnica, con l’utilizzo di acquerelli ed inchiostro cinese, ed acquerelli su carta ruvida. Nella composizione ho cercato di tener fede al principio di equilibrio delle opere di calligrafia (Shufa) che prevede il bilanciamento nei dipinti tra parti piene e parti vuote, non solo una regola estetica, ma una delle espressioni artistiche del concetto di Yin e Yang, della metamorfosi e dell’alternanza dei due principi complementari ed antitetici, tematiche qui nascoste fra petali foglie e boccioli, che intendo come il nucleo concettuale della mia rappresentazione, a cui alludo con la simbologia del numero delle peonie, cinque, e dal ritrarle nei vari stadi della loro vita: dal bocciolo, al fiore maturo, completamente sbocciato, inizio della fine.

Il numero cinque è poi per me chiave di sgnificati e simbologie, tanto all’interno della cultura occidentale quanto all’interno di quella cinese. In quest’ultima è anche alla base della teoria filosofica e medica detta dei 5 elemementi, o delle cinque fasi, basata sulla concezione  dell’esistenza e della salute umana come risultato e manifestazione dell’equilibrio di 5 elementi: legno, fuoco, terra, metallo ed acqua. Secondo questa concezione l’uomo, essere vivente tanto quanto lo è il fiore, è creatura prodotta dal cielo e dalla terra, e ad essa i 5 elementi sono necessari per la vita. I loro mutamenti ed il temporaneo e ciclico alternarsi del prevalere di ognuno di essi sono considerati le cause del divenire dell’esistenza umana, le cui condizioni ne sono manifestazione: legno che brucia genera il fuoco e produce cenere, la cenere prodotta forma la terra da cui viene il metallo, che fondendosi genera acqua, nutrizione per le piante e quindi legno…

Attraverso la raffigurazione di queste peonie, cinque, tento di esprimere un simbolo di vita universale, e quindi anche una rappresentazione dell’umanità: fiori e numeri sono ritratti della volontà e dell’intelligenza, dell’ispirazione e della genialità, della stabilità e della tensione di un divenire progressivo ed ascendente.

Raffiguro allora queste peonie come cinque esseri vivienti, in quanto tali simbologia umana, così come il numero cinque è il numero dell’uomo: uomo come essere mediano tra terra e cielo, uomo come aspirazione alla trascendenza verso una condizione superiore, a cui allusione è quel bocciolo, che tende alla schiusura, alla trascendenza di sé verso la pienezza: il fiore sbocciato.

Cinque peonie non come tentativo di rappresentazione di natura morta, ma espressione di natura viva, così come il numero cinque è un numero di vita, che appartiene all’essere umano vivente e vitale: ogni peonia rappresenta una individualità e l’nsieme un coro di vite. Cinque sono le penoie come cinque sono i sensi, ed esse si articolano nello spazio del quadro come il numero cinque rappresneta l’articolazione quinaria dell’essere umano nella raffigurazione leonardesca.

Per queste Peonie, icona della Cina, ho allora tentato di pretendere dal mio pennello una rappresentazione in cui le trasparenze dell’acquerello ritraggano la trascendenza dalla collettività, anonima ed opaca di un uno compresso e composto dalla flora di più di un miliardo di esseri, per diventare cinque vite autocentriche e trasparenti.

Allo stesso modo ho tentato di imprimere su carta una simbologia antica, multiculturare e multietnica, attraverso il numero del divenire e della tensione a, serie di quaternari eccentrici dotati di doppi centri, moltiplicazioni e manifestazioni di Yin e Yang: la Cina e me, la collettività immensa e l’individualità microscopica, trasparenza e opacità, essere e divenire, movimento progressivo di elevazione e di degradazione.

Arras 2010: data, attestations and concordances

This resource contains all data relative to attestations I’ve made preparing my study focused on Naxi – Dongba pictographs with animals’ based iconography and directly associated to deities, which is the theme I’ve to develop for Arras 2010 Congress.

Among such attestations I’ve also included a  which resume and gathers all manuscripts dedicated or related to “Serpent-cult”: such sheet also contains a cross-reference plates among Joseph Rock and Harvard-Yenching numeration system, with available url of Harvard-Yenching online collection.

All item here listed are available as an htm page to be browsed, and as .xls ( Excell ) and .ods ( Openoffice ) editable files.

Study of iconographies and contexts directly form Naxi Dongba Manuscripts evinced many common aspects and features with Tibetan, Indian and Chinese tradition, thus I also implemented such cross-iconographics plates for crossing references among different deities attested.

See You in Arras…

Lavori in corso

Ormai è un mesetto che lavoro su Zaofan 早饭 – colazione, matita su cartoncino nero,  misure…emm, non ricordo

Zaofan - Colazione

Zaofan 早饭 – colazione, particolare

Nel 2005, appena tornato dalla Cina, rimasi colpito da un quadro raffigurato nella rivista exChange, di cui trovavamo copie al Beijing Kuai Candian di Lisa e Dani. Il quadro raffigura la baracca di un cantiere edile, e s’intitola 打工图 dǎgōng tú del pittore 徐惟辛Xu Weixin.

Xu Weixin

徐惟辛 Xu Weixin – 打工图 dǎgōng tú

Ho sempre legato quest’immagine immortalata da 惟辛 come un flash scattato durante una colazione, o massimo una cena, di una delle miriadi di squadre di operai che a turni si alternano nei cantieri sempre al lavoro, letteralmente brulicanti! Una visione che comunque avevo visto molto bene nella Pechino di Nanli Shilu, e che abbiamo rivissuto spesso a Shanghai quest’estate.

Ho quindi iniziato a lavorare questa matita su cartoncino nero, intitolando il lavoro Zaofan 早饭 – colazione…

L’intento ovviamente non è quello di copiare un quadro! Il mio sarebbe un omaggio a questo grandissimo pittore, ed alla Cina più bella che ho avuto la fortuna di vivere ed alla quale mi sento profondamente parte. I ritratti di 惟辛 mi piacciono immensamente, ed sento nei suoi volti qualcosa di eccezionale, sento questi quadri vicini sia alle alienate monomani di Géricault sia ai mangiatori di patate di Van Gogh.

La strada è lunga, 慢慢来。。。