Le vent se lève! . . .il faut tenter de vivre! L’air immense ouvre et referme mon livre, La vague en poudre ose jaillir des rocs! Envolez-vous, pages tout éblouies! Rompez, vagues! Rompez d’eaux réjouies Ce toit tranquille où picoraient des focs!
Autunnale improvvisamente.
Appena prima verde
il parco quasi completamente
si tinge di terre calde.
Esplodono i colori nella brezza,
vinapiccano sulle sempreverdi,
ma con delicatezza,
fronde vinofiamma
fumanti di nebbia che abbiscia,
che tutto abbraccia,
anche la foglia che schioccia,
spiumata dalla cova del ramo,
atterrando si unisce al ricamo
del tappeto accogliente,
rossacquetinte,
autunnale improvvisamente.
Erin cavalca su Freccia,
Gianduia oggi riposa
con i crini raccolti in una treccia.
E tu mia dolce sposa,
fra spruzzi di sole
e il podere che rosseggia,
mi fai innamorare di te
che fai innamorare di te
ogni cosa,
anche ogni foglia,
e mentre semplicemente cammini,
tenendo la gialla briglia,
amo tutto di te,
e amo come ami tua figlia.
Dokąd biegnie ta napisana sarna przez napisany las?
Czy z napisanej wody pić,
która jej pyszczek odbije jak kalka?
Dlaczego łeb podnosi, czy coś słyszy?
Na pożyczonych z prawdy czterech nóżkach wsparta
spod moich palców uchem strzyże.
Cisza – ten wyraz też szeleści po papierze
i rozgarnia
spowodowane słowem las gałęzie.
Nad białą kartką czają się do skoku
litery, które mogą ułożyć się źle,
zdania osaczające,
przed którymi nie będzie ratunku.
Jest w kropli atramentu spory zapas
myśliwych z przymrużonym okiem,
gotowych zbiec po stromym piórze w dół,
otoczyć sarnę, złożyć się do strzału.
Zapominają, że tu nie jest życie.
Inne, czarno na białym, panują tu prawa.
Okamgnienie trwać będzie tak długo, jak zechcę,
pozwoli się podzielić na małe wieczności
pełne wstrzymanych w locie kul.
Na zawsze, jeśli każę, nic się tu nie stanie.
Bez mojej woli nawet liść nie spadnie
ani źdźbło się nie ugnie pod kropką kopytka.
Jest więc taki świat,
nad którym los sprawuję niezależny?
Czas, który wiążę łańcuchami znaków?
Istnienie na mój rozkaz nieustanne?
Radość pisania.
Możność utrwalania.
Zemsta ręki śmiertelnej.
Taccuino.
Luogo prediletto
della libertà incorruttibile della mia mano,
di ogni mio dono
mosso dal mio spirito e dal mio intelletto.
Scintilla di vita,
creazione.
Mia liberrima disposizione ed ordinazione
di tutto il mondo, di tutto il creato.
Infinito di qawwama – creare,
letteralmente far alzare.
Da qama yaqumu semplice verbo alzarsi,
traccio e scrivo la mia vita nel suo farsi.
Arabo ed Ebraico di radice comune
qwm sussume ogni creazione.
L’immaginazione
coglie rapidamente le cose in loro assenza.
Non è molto diverso dall’esplorare e descrivere,
è un modo agile ed oscillante di scrutare
che permette di vedere senza la presenza.
È la condizione che rende possibile
l’emissione del racconto.
Lo scambio:
ti dono queste mie parole
assieme a questi miei affetti
per essere certo che fra noi questi scambi
significhino similmente per entrambi,
perché in questo momento
tu possa pensare la cosa simile
a quella che io sento.
La lingua è il cristallo dello scambio.
La scrittura designante il vivente
che non lavora sulle Cose
ma coglie al volo il disegno passante
fra parola ed è-si-stente.
È il filo magnetico e mobile che tutto accende
per mezzo del quale
il mio mondo si annuncia e si protende.
Il vento di verde m’inonda m’inonda
m’investe la faccia a folate a folate
Libeccio di sudsudovest di onda in onda
e di baccano e rapina di quiete
e d’aria, mi taglia il fiato di bocca dal naso
le mani distese in alto solleva
mi spicca le dita mi scuote a caso
di refole teso mi spinge nervoso
e latrando in fessure nel blu si dilegua.
Smeralda materia di fiume di aria scorre
come mattino,
o tempo,
si sfalda, rinasce.
Scruto il mare impazzito che sotto corre
al fermo volo di gabbiani in scorta di pesce
fra frange avorio e spruzzi di scogli.
Quest’opera re di vento da molto lontano
mi viene incontro solido di mille bardigli
non so come si scansi
non so come si pigli
non so se concluda o prosegua
quel discorso antico e sospeso
di Morte,
di Vita,
di figli:
essere.
come il mio umano
come ogni essere finché si dilegua.
Libeccio sapiente,
impermanente.
Mi sbatti sul petto furioso furioso.
Libeccio potente,
Libeccio orgoglioso,
navigatore dei flutti dai vita alle onde,
le palme ti accolgono sventolando le fronde.
Sul ritmo delle colonne scaraventi maroso
dopo maroso, diluvi su questa scacchiera,
bicromia sincopata infradiciata specchiera,
del verde del mare tra spruzzi e spruzzi,
fra schianti improvvisi di schiaffi di schizzi,
Labronico Dani con arte e destrezza
fra i tuoi schiamazzi,
in quadrante talento,
di scatto ti coglie così bello in Terrazza
in tutto il tuo essere di esser di vento.
Ritratti di Cina consiste in una collezione dei più significativi tra i ritratti che ho dipinto durante i miei viaggi ed i soggiorni in Cina tra il 2005 ed il 2015. Alcuni di questi sono dipinti veloci, istintivi, schizzati su un taccuino o sul primo foglio volante a tiro con un lapis o quanto avessi in quel momento a portata di mano. Altri sono momento espressivo di una fase più complessa, dove le impressioni ricevute dall’incontro quotidiano con centinaia di volti, di situazioni di persone, di paesaggi umani appuntati tra schizzi, note, fotografie e filmati, si sono sedimentate in me, sono state metabolizzate e si sono impastate con significati per me profondi ed intensi al punto da esserne divenute simbolo e vettore, ed infine in un determinato momento questi volti sono riemersi su una superficie pittorica.
Pini che mormorano
eppure non c’è vento.
Dalle cose che ottundono spolverarsi,
fra le nuvole bianche sedersièelevarsi.
Di niente è fatta una semplice via,
senza tracce di auto o moto. Che sia
erba di mille verdi la strada,
piangente commossa di fresca rugiada,
accarezzando l’aria lei crea il vento.
Ho lasciato la (f)rotta comune da tempo,
il mio corpo risponde al respiro profondo,
che detta che cosa conti al mio mondo.
Nubi rosate, nutrimento fresco,
dimora è in questo brano di bosco.
La Felciaia nascosta gorgoglia gorgoglia.
Muovendomi lento comprendo la foglia.
Vagabondando ogni forza trapassa.
Di giorno in giorno nutro questa carcassa,
srotolo sutra di Buddhismo vero,
mandala di soffio pensiero e respiro.
È come salire su altura rocciosa,
guardare avanti e scrutare la chiosa
di gente, di fatti, di brutto e di bello.
Sopra le nubi comunque è cristallo
la luna che fluttua lenta da sola
come gru solitaria in cielo lei vola.
Ai piedi del pino quotidiano compagno
con nuvole bianche per cuscino mi stendo.
Erba che mormora, mi allungo mi allungo,
nei cinque aggregati mi trovo e mi sondo:
respiro e non respiro,
ho il corpo e son senza,
sono io e non son io,
biologia e coscienza.
Sulla testa nuda si posa l’aria e traspiro,
assisto a chi corre ovunque ed ha tutto,
povero rido,
nella vita in cui fluttuo.
Guardo in ginocchio la terra
guardo l’erba
guardo l’insetto
guardo l’istante fiorito e azzurro
sei come la terra di primavera,
amore,
io ti guardo.
Sdraiato sul dorso vedo il cielo
vedo i rami degli alberi
vedo le cicogne che volano
sei come il cielo di primavera,
amore,
io ti vedo.
Ho acceso un fuoco di notte in campagna
tocco il fuoco
tocco l’acqua
tocco la stoffa e l’argento
sei come un fuoco di bivacco all’addiaccio
io ti tocco.
Sono tra gli uomini
amo gli uomini
Amo l’azione
Amo il pensiero
Amo la mia lotta
Sei un essere umano nella mia lotta
Ti amo