Così come chiunque stia studiando Wushu da un po’ più di una settimana potrebbe confermarvi, la domanda più comune che tutti ascoltiamo (perlomeno ogni settimana) è: che cos’è il Wushu?
Il problema con questa domanda è che si tratta un po’ come se si dovesse descrivere i colori ad una persona cieca. Il Wushu è un sistema/filosofia veramente molto profondo da poter essere descritto in una conversazione casuale.
Certamente molti di noi risolvono la questione con le risposte “Arti marziali cinesi” oppure “Kung Fu”, nessuna delle quali è molto di aiuto, ed entrambe conducono a ulteriori domande.
Dunque, nel mio sforzo di alleviarmi il compito (e forse anche a qualcuno di voi) ho scritto questa introduzione al Wushu, nella speranza che dopo averla letta, le persone possano afferrare meglio che cosa sia il Wushu – e più importante, che cosa il Wushu non sia. (ad esempio, non è un piatto Cinese [a base di] maiale […])
Che tipo di Wushu è questo?
Dunque, che cos’è il Wushu? (La risposta potrebbe sorprendere/infastidire/annoiarvi)
Letteralmente Wushu è un termine cinese, 武术(武術in caratteri cinesi tradizionali) ed è una combinazione dei caratteri 武wŭ, significante “marziale”, “guerra” o “combattere”, e 术shù che significa “forma d’arte”. Quindi letteralmente significa “arti marziali”.
Adesso il problema è che con una così generica definizione è possibile utilizzare il termine Wushu per descrivere l’intero range delle arti marziali.
Infatti, tecnicamente, tutte le arti marziali – dal Karate al Kali, dalla Capoeira alla Boxe arrivando fino al Wrestling – potrebbero essere detti Wushu. Tutti sono arti del combattimento che richiedono fini destrezze e maestria fisica.
A volte quando dico a qualcuno in Cina che io studio Wushu, allora mi viene chiesto “Wushu cinese?” (中国武术?), semplicemente per chiedere conferma di quale dei tipi [di arti marziali] in generale io pratichi.
Anche questo è Wushu?
Mentre la definizione più ampia del termine Wushu potrebbe essere tutte le arti marziali, la maggioranza delle persone pensa al Wushu come un insieme che includa specificatamente le Arti marziali cinesi. O più nello specifico, il Wushu è tipicamente definito come “le arti marziali che si originarono in Cina”
Adesso, di nuovo, il problema con la definizione è che da quando le arti marziali cinesi si originarono, migliaia di anni fa, è poi avvenuta un’ampissima diffusione delle arti marziali cinesi in luoghi non-cinesi. Infatti è possibile dire che praticamente la maggior parte di tutte le arti marziali dell’Asia Orientale debbano un ampio segmento del proprio lignaggio alla Cina. Karate, Tae Kwon Do, Aijkido, Jujitsu, etc…, tutti si originarono da radici cinesi.
Ma così come il pollo del generale Tso o i Biscotti della fortuna negli Stati Uniti, le cose che lasciano la Cina tendono a prendere vita ed identità indipendenti.
Penso che molta gente ignori questo fatto quando dice “le arti marziali cinesi”, preferendo di pensare al Wushu come agli stili e le forme delle arti marziali che ancora conservino le proprie radici culturali e sociali cinesi.
Credo che la regola generale che la maggior parte delle persone segua è che se il nome dello stile è ancora pronunciato in cinese allora si tratta di Wushu cinese.
Per esempio, la maggior parte della gente non direbbe mai che il Choy Li Fut (蔡李佛 o CàiLĭFó) non sia cinese, sebbene sia probabilmente praticato da più persone fuori della Cina che in Cina stessa. Ma una volta che i inizia a chiamare lo stile con un nome diverso, “Kenpo per esempio (che è una parola giapponese originatasi dal Cinese 拳法 QuánFă “metododelpugno”), che conduce ad altri significati ed altre culture.
Certamente, come in ogni cosa che ha migliaia di anni, nel Wushu si avranno tantissime varianti e divisioni e parcellizzazioni in fazioni. Così come nelle lingue di strato Neolatino si hanno divisioni in innumerevoli varianti di diversità linguistica, così il Wushu si presenta come un albero avente sia un forte tronco, sia salde radici nel passato, ma anche un insieme infinito di rami e di frutti che si diramano nel tempo presente.
Interno vs. Esterno
Una di queste divisioni è [quella adottata tra] stili interni ed esterni delle arti marziali cinesi.
Come (grossolana) generalizzazione, gli stili interni di Wushu sono focalizzati sulla respirazione, lo sviluppo del Qi (l’energia), e la coltivazione della destrezza e della forza interna (內功 nèigŏng).
Certamente, questa è una sorta di divisione davvero strana visto che tutti gli stili delle arti marziali essenzialmente parlano dell’importanza del Qi, della respirazione e della forza interna. Non è che siccome si pratica uno stile esterno allora significa che non debba importare più della respirazione, giusto?
Dall’altra faccia della medaglia gli stili esterni sono quelli che generalmente si concentrano sulla potenza, la forza e l’esercizio/applicazione della potenza esterna (外功 wàigŏng).
Che è altrettanto strano poiché entrambe gli stili esterni ed interni si dedicano allo sviluppo della potenza, della forza e sull’abilità di applicare la forza.
Ma allora, quali sono veramente le differenze tra le arti marziali interne ed esterne?
Suppongo che si tratti di un problema di concentrazione. Mentre entrambe enfatizzano aspetti condivisi da tutte le arti marziali, certi stili concentrano la propria attenzione su certe aree più di altri.
Per il Wushu cinese, la maggior parte della gente ritiene che vi siano 3 scuole principali di arti marziali interne:
太极拳 tài jí quán (a volte scritto taichich’uan)
八卦掌 bā guà zhăng (a volte scritto pakuachang)
形意拳 xíngyìquán (a volte scritto hsingyich’uan)
(qualche giorno affronterò la questione Wade-Gilles vs. Pinyin della traslitterazione del Cinese, ma per adesso usiamo il Pinyin nello spelling, ok?)
Taiji Quan
Attualmente queste tre scuole non sono né del tutto inclusive, né esclusive. Vi sono molti altri stili “interni” di arti marziali. 心意六合拳 (xīnyì liùhé quán – il pugilato delle sei armonie della mente e dell’intenzione ) ad esempio, che è lo stile da cui è derivato lo Xíng yì quán, eppure non ha un posto come uno dei tre stili principali, principalmente perchè ha pochissimi praticanti (ed una terribile assenza in Wikipedia, aggiungerei)
In questo caso la popolarità è la soluzione del gioco, e gli stili maggiori sono così chiamati perchè contano la maggioranza dei praticanti.
Trovo sempre molto interessante quando dico a qualcuno che io pratico il Wushu e allora mi dicono “ non ho mai fatto Wushu, però ho fatto Tai Chi per un po‘ ”. Chiaramente questi non realizzano che hanno appena detto un cosa sulle arti marziali equivalente a “non ho mai ballato, ma ho studiato Chachacha per un po’”.
Comunque è vero che, nella mente di qualcuno, gli stili interni delle arti marziali cinesi non siano parte del “wushu”. Essi hanno una definizione più limitata del Wushu, delegando altri rami dell’albero delle arti marziali a questo termine [Wushu].
Sfortunatamente perfino all’interno degli stili “esterni” delle arti marziali cinesi, si trova un’altra divisione che compete con l’identità del wushu come termine di comprensione.
Kung Fu vs. Wushu
Possiamo ringraziare BruceLee per questo.
Grazie Bruce…credo
Lui ha introdotto il termine “kungfu” (o 功夫 gŏngfù) in Occidente senza spiegarne la traduzione letteraria.
Kung fu NON significa “artimarziali”. Tantomeno è uno stile di arti marziali.
In verità il kung fu non ha necessariamente niente a che vedere con le arti marziali.
(Ebbene si! L’hodetto)
È un termine che si riferisce ad uno specifico livello di maestria raggiunto in una certa abilità. In sostanza “kungfu” significa “un super altissimo livello di capacità quale risultato da un sacco di esercizio praticato per lungo tempo”. ( [usando il termine kung-fu] lo dici 10 volte più veloce)
Ecco perchè ho sempre trovato molto strano quando la gente dice “io pratico il kung fu” perchè letteralmente significa “io pratico la maestria”, che, onestamente, non mi dice praticamente niente di che cosa tu stia facendo. […]
Si, sono un po’ fazioso. Ma questo è comunque una questione valida su cui fare il punto.
Certamente la società, i linguaggio ed i tempi contribuiscono al cambiamento dei significati dei termini. […]
Allo stesso modo, “kungfu” è stato associato alle arti marziali cinesi, solitamente alle varianti tradizionali. (su questo argomento torniamo un po’ più avanti.)
E se si associa il termine kungfu alle arti marziali cinesi, allora ad un qualche livello il termine diverrebbe sinonimo con wushu, che anche significa arti marziali cinesi.
Ma allora, ma quale sarebbe la differenza tra il kung fu ed il wushu?
E sfortunatamente questo davvero dipende da colui a cui lo chiedi.
Alcuni diranno che non c’è differenza. Il kung fu ed il wushu sono la stessa cosa.
Altri diranno che sono completamente differenti e che il kung fu ed il wushu hanno davvero pochissimo in relazione l’uno con l’altro.
E ci saranno quelli [che staranno] nel mezzo e che diranno che il kungfu ed il wushu sono due aspetti della medesima cosa – due facce della stessa medaglia.
Ma qui è il punto…
La risposta di una persona alla domanda circa la differenza tra il kungfu ed il wushu non ti dice fondamentalmente quale sia la differenza – ti dice chi sia la persona [che risponde]. O più nello specifico, che cosa creda quella persona.
Perchè quando qualcuno ti da una risposta il cui spettro spazia in qualsiasi punto tra il “totalmentedifferente” ed il “totalmenteuguale”, in realtà essi stanno parlando più di se stessi che delle arti marziali.
Ti stanno svelando chi ESSI siano e quale sia la LORO relazione con le arti marziali.
Le presone rispondono alle domande non basandosi sulla verità, ma sulle proprie percezioni.
Perchè la verità alla domanda “qual è la differenza tra il kungfu ed il wushu?” Consiste in come tu definisca questi due termini.
E chiunque ti stia dando qualsiasi altra risposta ti sta dicendo, non quale sia questa differenza, ma quale sia la loro personale definizione dei termini kungfu e wushu.
Questo tipo di cose di solito mi infastidisce, perchè ho una sorta di piccola fissazione sul fatto che la gente imponga la propria opinione e le proprie definizioni sugli altri. Ma, adesso, semplicemente la accetto come parte del modo in cui vanno le cose. Per lo meno ci darà qualcosa di cui chiacchierare quando ci fermiamo nel parcheggio dopo aver praticato il wushu, giusto?
Dunque, dopo aver detto tutto ciò ancora sono a darvi una risposta generalizzata. (si, lo so… totalmente ipocrita)
Ma voi lo sapete, sebbene ci siano un po’ di persone che hanno preso la propria opinione su questa situazione, la grande maggioranza della gente tende ad utilizzare il termine kungfu per riferirsi agli stili “tradizionali” delle arti marziali cinesi, e wushu come il termine con cui descrivere gli stili “contemporanei” o “moderni” delle arti marziali cinesi.
Tradizionale vs. Moderno
Ancora un’altra diramazione dell’albero delle arti marziali è quella tra le arti marziali cinesi “tradizionali” e “moderne”.
Qui è dove si comincia ad imbatterci in un pochino di storia. Come si saprà, la realtà è che TUTTE le forme delle arti marziali un tempo sono state considerate “moderne”. Chiunque sia stato a uscirsene per primo con lo stile della mantide religiosa fù probabilmente considerato “vai-all’inferno-fuori-di-qui” dagli altri praticanti di arti marziali del tempo.
A: che cosa dici? Hai visto una mantide combattere con un altro insetto ed hai deciso di farci uno stile di Wushu?
B: no, sul serio. Guarda. Mi sentirei meglio a combattere se facessi finta di essere uno scarafaggio
A: …che tipo strano
No, dico davvero. Con questa roba ci posso combattere. Lo giuro
Infatti, essendo le arti marziali tanto “arti” quanto “scienzedelcombattimento”, richiedono una costante investigazione, esplorazione ed innovazione.
Quei praticanti di arti marziali che decidono che il loro sia l’unico stile che valga la pena di conoscere, e che non c’è bisogno di nessun ulteriore sviluppo, è in realtà un qualcuno che ha chiuso la sua mente ed ha tagliato fuori lo sviluppo.
Sono come quei pittori che decidono che Picasso sia l’apice della pittura, e copiano soltanto quello stile e che ritengono ogni altra esplorazione creativa successiva non degna di considerazione.
Qualsiasi cosa tu possa vedere come “moderna” (oppure strana) ad oggi, un domani sarà considerata “tradizionale”. Infatti questo sta già succedendo.
La gente oggi considera la versione degli anni ’70 del wushu contemporaneo come veramente differente nel suo approccio. Nessuno oggi davvero lo fa [cioè pratica il wushu] come facevano negli anni ’70, e dunque questo è visto – almeno sotto un certo punto di vista – come un po’ “tradizionale”.
(sicuramente non usiamo la parola “tradizionale” poiché è già utilizzata con un significato specifico nella comunità dei praticanti delle arti marziali, dunque la maggior parte di noi semplicemente dice “la vecchia scuola”.)
Dunque il wushu come forma artistica è costantemente in evoluzione. E questa evoluzione solitamente riflette le esigenze dei praticanti in qualsiasi epoca.
Sopravvivenza del più adatto
In un’epoca super lontana il wushu era un metodo per evitare che i monaci fossero troppo sedentari. Era praticato per la vitalità fisica e per la salute così che si potesse garantire di poter perseguire un percorso spirituale. La sopravvivenza in questo contesto richiese che il wushu ( o qualsiasi sia stato il nome utilizzato a quel tempo) fosse usato come un insieme di metodi per mantenere la forza e l’energia necessaria ai propri esercizi spirituali.
Dunque, un bel po’ successivamente, il wushu ha iniziato ad essere utilizzato per sopraffare le altre persone. Il mondo era un luogo avverso, e dunque la sopravvivenza in questo contesto consisteva nel proteggere se stessi e la propria famiglia. Vennero sviluppati metodi di combattimento a mani nude. Vennero forgiate armi – spade, bastoni e lance – creando sistemi di difesa che potessero essere utilizzati effettivamente. Fù un processo evolutivo, e ciascuna generazione che praticò queste forme di arti apportò dei miglioramenti adottando cambiamenti qua e là – avvolte cambiando completamente le cose al punto da renderle irriconoscibili – nell’ordine di migliorare e soddisfare al meglio alle esigenze dei tempi.
E, come ben si saprà, nella storia dell’uomo il maggior apporto di cambiamenti sociali e culturali stanno accadendo dagli ultimi 200 anni.
Sin dal XIX secolo le cose stanno cambiando ad una velocità mai vista prima. È semplicemente naturale, dunque, che anche il Wushu e le arti marziali stesse debbano cambiare. Se le arti creative sono uno specchio della società , della cultura e dei tempi in cui esse esistono, dunque il wushu è sottoposto senza alcuna eccezione a questa regola ed inoltre deve riflettere i cambiamenti sociali.
A meno che non si sia vissuto sotto una roccia [dentro una grotta] allora probabilmente si saprà che la Cina durante la metà del XX secolo ha sperimentato uno sconvolgimento radicale socio-politico globale.
Un po’ di pulizie domestiche, culturalmente parlando
Le persone che detenevano la leadership del paese decisero che era giunto il momento del grande balzo in avanti e di lasciarsi alle spalle tutte le loro pratiche tradizionali. Una grossa “purga” degli elementi cinesi tradizionali ebbe inizio, e le arti marziali furono fra quelle cose che si scontrarono con questa sfida.
Molta gente lasciò la Cina e si portò il proprio Wushu con se.
Altri rimasero in Cina e continuarono a praticare in privato.
Questa divisione geografica promosse inoltre altre divisioni nello sviluppo del Wushu.
Non chiamatelo un ritorno sulla scena…
Col tempo i tumulti interni in Cina iniziarono a calmarsi, le persone in carica del governo realizzarono che certi elementi della tradizione culturale e ed artistica cinese avrebbero potuto beneficiare il popolo.
Dunque invece di focalizzarsi su quegli elementi del Wushu che avrebbero potuto crear problemi – l’applicazione delle tecniche di combattimento – venne deciso di sviluppare le componenti del Wushu che avrebbero potuto promuovere la propria cultura – l’estetica dei movimenti di combattimento.
E così, visto l’impegno fisico necessario all’allenamento nel Wushu, ne conseguì che il Wushu si fece strada come sport da competizione.
Inizialmente, coloro che per primi svilupparono la variante sportiva del wushu lavorarono duramente per mantenerne le radici marziali.
Molti dei nuovi, giovani atleti che allora studiarono con maestri dalla mente più tradizionalista dovettero apprendere un completo sistema di applicazioni – allo stesso modo in cui lo stile venne tramandato per generazioni – prima di potersi concentrare sulla performance estetica delle forme. Le forme, secondo la tradizione, erano uno strumento con cui si poteva ricordare delle applicazioni, e non l’esatto opposto.
È proprio così. I primi atleti di wushu dovettero imparare a combattere prima di poter apprendere le loro forme. Molto difficile da immaginarsi, vero?
Ma nel tempo , questa concentrazione sulle applicazioni venne meno. Non perchè le applicazioni non siano importanti. (Chiedete a qualsiasi atleta contemporaneo di Wushu e vi verrà risposto che, senza comprendere le applicazioni, le forme sono completamente vuote.) Questo accade perchè le applicazioni non sono più da tempo ormai il criterio secondo cui si è remunerati (e si sopravvive) nel mondo del Wushu.
Ultimamente il Wushu, così come la maggior parte delle cose della vita, è diventato un problema di compensi e penalità per un certo tipo di azioni e di comportamenti. Si è remunerati dalla società/gente/vita se le tue doti sono applicabili alla sopravvivenza in determinati contesti.
Da quando la sopravvivenza dell’atleta dipende dal ricevere specifici punteggi basati su specifici criteri, allora questo è il contesto in cui avviene lo sviluppo del Wushu. Qualsiasi criterio prosperi, questo è ciò che detta la direzione che prenderà il Wushu.
La sopravvivenza del praticante di wushu non dipende più dal difendersi da qualcuno, o nell’essere in un combattimento all’ultimo sangue con altra gente. Adesso dipende dal saltare alto, apparir bello ed avere una velocità incredibile, potenza ed espressività artistica. Queste sono le ragioni per cui il wushu sportivo moderno si è sviluppato nel modo in cui si è sviluppato, ed è anche la ragione per cui anche molti stili tradizionali sono cambiati.
La remunerazione può essere piacevole
[…] Il wushu come sport a noi contemporaneo è passato attraverso numerosi cambiamenti negli anni. E vi sono molte più differenziazioni al suo interno – cambiamenti che sono davvero troppo numerosi per essere descritti qui a pieno.
Dal Sanda vs. il Taolu, al contemporaneo-tradizionale vs. il contemporaneo-moderno, agli stili del nord vs. gli stili del sud, alle armi lunghe vs. le armi corte a… beh, ti sei fatto un’idea.
Una sorta di piantina del wushu contemporaneo è un argomento che è meglio lasciare ad un altro giorno. Che sia sufficiente dire, il wushu sportivo contemporaneo è una vasta area che sicuramente merita ulteriori discussioni.
L’evoluzione del wushu tradizionale
Nel frattempo, tornando indietro alla metà del XX secolo, color che lasciarono la Cina e mantennero le loro tradizioni concentrate sull’applicazione come la primaria espressione della propria arte, si trovarono in una strana situazionenon così diversa da chi rimase in Cina.
Così come la società si era evoluta ed i popoli maturarono, il combattimento uomo a uomo (o donna a donna a seconda dei casi) non era più considerata una forma accettabile di risolvere i conflitti.
All’incirca nello stesso momento che il Wushu in Cina trovò che la sua sopravvivenza dipendesse sua dalla performance atletica, il Wushu fuori della Cina realizzò che la sua sopravvivenza dipendeva dagli aspetti della vita non concentrati sul combattimento.
Dunque, che cosa succede quando si ha un arte del combattimento i cui fondamenti si ritrovano in un mondo dove la somma espressione dell’arte stessa non è più socialmente assolutamente accettabile?
Certamente ti adatti.
è tempo di fare qualche adattamento ragazzi dell’artiglio della tigre
Ma non fù un adattamento semplice. Le persone erano radicate con le proprie tradizioni e le innovazioni spesso impiegarono diverse generazioni per affermarsi. Molte persone si stanno adattando tutt’oggi. È semplicemente naturale, reale, e forse alla fine dei conti non è nemmeno una cosa poi così tanto negativa.
Molti insegnanti che si erano concentrati sulle applicazioni delle arti marziali realizzarono che le arti marziali potevano essere utilizzate per altri scopi di sopravvivenza.
Invece di sopravvivere difendendosi o combattendo altri, si poteva sopravvivere insegnandole e tramandando la loro eredità culturale ad un’altra generazione.
Si potrebbe controbattere “Ma i mastri di Wushu hanno da lungo tempo insegnato per tramandare la propria eredità culturale.”
Sicuro, questo genere di cose non era necessariamente una novità, ma così come l’umanità prosegue nella sua maturazione sociale, l’utilizzo delle arti marziali nel combattimento divenne sempre meno comune e necessario, e questa transizione incrementò con il perdurare della pace.
Insegnare le arti marziali è così diventato sempre meno un fatto d’insegnare ai propri studenti a sopravvivere ad un conflitto – si insegnano le arti marziali così che la propria arte possa sopravvivere ai cambiamenti sociali. Insegnando ed essendo pagato per insegnare, è comunque un modo di sopravvivere nella società odierna, modo che è altrettanto legittimo come difendere il proprio villaggio dai briganti centinaia di anni fa.
Lo stato del Wushu oggi
Così, ai nostri giorni abbiamo una parte di società che utilizza il Wushu come metodo di sopravvivenza attraverso la performance di uno sport atletico – il “Wushu sportivo moderno ”.
Poi abbiamo un altra porzione della società che utilizza il Wushu come metodo per sopravvivere attraverso l’educazione culturale alle arti – il “maestro di kung fu tradizionale”.
Dunque c’è un’intera porzione al centro di questo segmento. Tuttavia quelle nicchie sociali che utilizzano ancora oggi il Wushu col significato di sopravvivere attraverso il combattimento è incredibilmente piccolo.
Questo significa che non valga la pena di studiare il Wushu ( a prescindere da come lo si definisca) se non si avrà mai una possibilità di utilizzarlo?
Certamente no.
Come tutte le arti, il Wushu va ben oltre uno specifico fine. Vi sono più facce nello studio delle arti marziali che non è possibile elencarle qui.
Dall’aspetto della salute fisica, all’elevazione spirituale, allosviluppo di destrezze e capacità specializzate utilizzabili in altri sport, nelle arti della recitazione, in altre arti, nell’educazione, gli utilizzi e le implementazioni delle arti marziali sono sterminate.
Così come chi stia studiando arti marziali da un po’ di tempo potrebbe dirti – le arti marziali non c’entrano con i conflitti, perfino se si tratta di un sistema basato su tecniche di combattimento.
Mi sono reso conto che per tante persone questo suona come un ossimoro.
Mi sono ritrovato in ben più di una discussione in cui la gente fosse ostinatamente convinta del fatto che le arti marziali siano semplicemente inerenti al combattimento e che le persone che si allenarono alle arti marziali centinaia di anni fa non lo facessero per uno sviluppo personale – ma lo facessero per sopraffare altre persone, così da non essere uccisi.
Ma è proprio qui il punto no? Questo è stato centinaia di anni fa.
Nessuno adesso sta venendo nel tuo villaggio per saccheggiare il tuo tesoro e per rubarti le vacche. Nella società odierna lo scopo delle arti marziali si è elevato.
Così come la musica che un tempo era utilizzata come mezzo per la trasmissione della tradizione orale e della storia attraverso la società, adesso è utilizzata per ogni cosa, dalla terapia allacomunicazione con gli animali, dall’espressione artistica alle terapie contro le malattie.
Il Wushu inoltre proviene da un contesto molto specifico e si è sviluppato in qualcosa che è davvero molto di più di ciò che era originariamente.
è tempo di trovare la nostra via nel Wushu…
Allora, che cos’è il Wushu?
Alla fine la risposta alla domanda “che cos’è il Wuhsu” – o per lo meno l’unica risposta che una persona potrebbe dare con una certa accuratezza – finisce per essere la risposta più inadempiente che una persona potrebbe ascoltare:
“dipende”.
Forse aiuterà pensare ad un contesto diverso…
Se un robot intelligente ma privo di alcuna emozione domandasse “che cos’è l’amore?” come si potrebbe descriverglielo? C’è una risposta semplice?
L’amore è definibile da coloro che lo provano.
Nel momento in cui si prova allora si conosce. E può essere provato in modi così differenti da gente così diversa che non esiste una singola risposta che potrebbe soddisfare tutti coloro che ne hanno esperienza.
Anche il Wushu è definibile da coloro che lo praticano.
Quando si comincia a studiare, si comincia a comprenderlo. Ma lo si comprende in un modo unico grazie a te, grazie al tuo insegnante, grazie alla tua vita ed all’ambiente in cui vivi.
Dunque non c’è una singola risposta che possa soddisfare tutti i praticanti di Wushu.
Per stravolgere completamente un’espressione popolare, il Wushu è quello che Wushu fa.
E se si è uno di quelli che” fanno” Wushu, allora la definizione che ti sei dato è veramente l’unica definizione di cui ti dovrai preoccupare.
Commento di Eric Chang – 19 Agosto 2013
Citando Mark: “le arti marziali non c’entrano niente col combattere, sebbene si tratti di sistemi basati su tecniche di combattimento”. Leggere questo per me ha molto senso, e non ci trovo nessun ossimoro. Tempo fa ho avuto una breve ma profonda conversazione di questo con mio padre; la mia tesi era – come tutti quelli che volevano apprendere il Wushu per combattere contro gli altri – “ che il Wushu fosse finalizzato esclusivamente al combattimento, che lo sia sempre stato e che sempre lo sarà”. Quello che mio padre mi rispose era molto profondo, e mi spiegò che il carattere 武 in realtà si potrebbe dividere in due parti. […] 止zhi che significa “fermare” e 戈ge “daga”, che assieme al carattere 術shu significa “l’arte di arrestare la daga”.
Il Wushu allora non è mai stato destinato ad iniziare/cercare il conflitto. Anche se le proprie qualità siano altissime, non si dovrebbero mai usarle per risolvere le cose, se lo si facesse allora ci si abbasserebbe al livello dei malandrini che cercano problemi. Dovrebbe poter essere utilizzato davvero come l’ultima spiaggia alla conclusione di un problema se niente altro potrebbe esser fatto.
Questo mi ha colpito veramente, come una mattonata. Che cosa mi disse mio padre fù così profondo che mi si è inciso nella mente per sempre, e mio padre mi ha fatto guardare al Wushu con una luce totalmente nuova. Potrei dire che questa è la mia definizione personale di che cosa sia veramente il Wushu per me.
Saluti e complimenti!
***
Grazie all’amico Mark per l’articolo e per il materiale infinito ed infinitamente utile che mette a disposizione della comunità di praticanti del Wushu.
Così come chiunque stia studiando Wushu da un po’ più di una settimana potrebbe confermarvi, la domanda più comune che tutti ascoltiamo (perlomeno ogni settimana) è: che cos’è il Wushu?
Il problema con questa domanda è che si tratta un po’ come se si dovesse descrivere i colori ad una persona cieca. Il Wushu è un sistema/filosofia veramente molto profondo da poter essere descritto in una conversazione casuale.
Certamente molti di noi risolvono la questione con le risposte “Arti marziali cinesi” oppure “Kung Fu”, nessuna delle quali è molto di aiuto, ed entrambe conducono a ulteriori domande.
Dunque, nel mio sforzo di alleviarmi il compito (e forse anche a qualcuno di voi) ho scritto questa introduzione al Wushu, nella speranza che dopo averla letta, le persone possano afferrare meglio che cosa sia il Wushu – e più importante, che cosa il Wushu non sia. (ad esempio, non è un piatto Cinese [a base di] maiale […])
Che tipo di Wushu è questo?
Dunque, che cos’è il Wushu? (La risposta potrebbe sorprendere/infastidire/annoiarvi)
Letteralmente Wushu è un termine cinese, 武术(武術in caratteri cinesi tradizionali) ed è una combinazione dei caratteri 武wŭ, significante “marziale”, “guerra” o “combattere”, e 术shù che significa “forma d’arte”. Quindi letteralmente significa “arti marziali”.
Adesso il problema è che con una così generica definizione è possibile utilizzare il termine Wushu per descrivere l’intero range delle arti marziali.
Infatti, tecnicamente, tutte le arti marziali – dal Karate al Kali, dalla Capoeira alla Boxe arrivando fino al Wrestling – potrebbero essere detti Wushu. Tutti sono arti del combattimento che richiedono fini destrezze e maestria fisica.
A volte quando dico a qualcuno in Cina che io studio Wushu, allora mi viene chiesto “Wushu cinese?” (中国武术?), semplicemente per chiedere conferma di quale dei tipi [di arti marziali] in generale io pratichi.
Anche questo è Wushu?
Mentre la definizione più ampia del termine Wushu potrebbe essere tutte le arti marziali, la maggioranza delle persone pensa al Wushu come un insieme che includa specificatamente le Arti marziali cinesi. O più nello specifico, il Wushu è tipicamente definito come “le arti marziali che si originarono in Cina”
Adesso, di nuovo, il problema con la definizione è che da quando le arti marziali cinesi si originarono, migliaia di anni fa, è poi avvenuta un’ampissima diffusione delle arti marziali cinesi in luoghi non-cinesi. Infatti è possibile dire che praticamente la maggior parte di tutte le arti marziali dell’Asia Orientale debbano un ampio segmento del proprio lignaggio alla Cina. Karate, Tae Kwon Do, Aijkido, Jujitsu, etc…, tutti si originarono da radici cinesi.
Ma così come il pollo del generale Tso o i Biscotti della fortuna negli Stati Uniti, le cose che lasciano la Cina tendono a prendere vita ed identità indipendenti.
Penso che molta gente ignori questo fatto quando dice “le arti marziali cinesi”, preferendo di pensare al Wushu come agli stili e le forme delle arti marziali che ancora conservino le proprie radici culturali e sociali cinesi.
Credo che la regola generale che la maggior parte delle persone segua è che se il nome dello stile è ancora pronunciato in cinese allora si tratta di Wushu cinese.
Per esempio, la maggior parte della gente non direbbe mai che il Choy Li Fut (蔡李佛 o CàiLĭFó) non sia cinese, sebbene sia probabilmente praticato da più persone fuori della Cina che in Cina stessa. Ma una volta che i inizia a chiamare lo stile con un nome diverso, “Kenpo per esempio (che è una parola giapponese originatasi dal Cinese 拳法 QuánFă “metododelpugno”), che conduce ad altri significati ed altre culture.
Certamente, come in ogni cosa che ha migliaia di anni, nel Wushu si avranno tantissime varianti e divisioni e parcellizzazioni in fazioni. Così come nelle lingue di strato Neolatino si hanno divisioni in innumerevoli varianti di diversità linguistica, così il Wushu si presenta come un albero avente sia un forte tronco, sia salde radici nel passato, ma anche un insieme infinito di rami e di frutti che si diramano nel tempo presente.
Interno vs. Esterno
Una di queste divisioni è [quella adottata tra] stili interni ed esterni delle arti marziali cinesi.
Come (grossolana) generalizzazione, gli stili interni di Wushu sono focalizzati sulla respirazione, lo sviluppo del Qi (l’energia), e la coltivazione della destrezza e della forza interna (內功 nèigŏng).
Certamente, questa è una sorta di divisione davvero strana visto che tutti gli stili delle arti marziali essenzialmente parlano dell’importanza del Qi, della respirazione e della forza interna. Non è che siccome si pratica uno stile esterno allora significa che non debba importare più della respirazione, giusto?
Dall’altra faccia della medaglia gli stili esterni sono quelli che generalmente si concentrano sulla potenza, la forza e l’esercizio/applicazione della potenza esterna (外功 wàigŏng).
Che è altrettanto strano poiché entrambe gli stili esterni ed interni si dedicano allo sviluppo della potenza, della forza e sull’abilità di applicare la forza.
Ma allora, quali sono veramente le differenze tra le arti marziali interne ed esterne?
Suppongo che si tratti di un problema di concentrazione. Mentre entrambe enfatizzano aspetti condivisi da tutte le arti marziali, certi stili concentrano la propria attenzione su certe aree più di altri.
Per il Wushu cinese, la maggior parte della gente ritiene che vi siano 3 scuole principali di arti marziali interne:
太极拳 tài jí quán (a volte scritto taichich’uan)
八卦掌 bā guà zhăng (a volte scritto pakuachang)
形意拳 xíngyìquán (a volte scritto hsingyich’uan)
(qualche giorno affronterò la questione Wade-Gilles vs. Pinyin della traslitterazione del Cinese, ma per adesso usiamo il Pinyin nello spelling, ok?)
Taiji Quan
Attualmente queste tre scuole non sono né del tutto inclusive, né esclusive. Vi sono molti altri stili “interni” di arti marziali. 心意六合拳 (xīnyì liùhé quán – il pugilato delle sei armonie della mente e dell’intenzione ) ad esempio, che è lo stile da cui è derivato lo Xíng yì quán, eppure non ha un posto come uno dei tre stili principali, principalmente perchè ha pochissimi praticanti (ed una terribile assenza in Wikipedia, aggiungerei)
In questo caso la popolarità è la soluzione del gioco, e gli stili maggiori sono così chiamati perchè contano la maggioranza dei praticanti.
Trovo sempre molto interessante quando dico a qualcuno che io pratico il Wushu e allora mi dicono “ non ho mai fatto Wushu, però ho fatto Tai Chi per un po‘ ”. Chiaramente questi non realizzano che hanno appena detto un cosa sulle arti marziali equivalente a “non ho mai ballato, ma ho studiato Chachacha per un po’”.
Comunque è vero che, nella mente di qualcuno, gli stili interni delle arti marziali cinesi non siano parte del “wushu”. Essi hanno una definizione più limitata del Wushu, delegando altri rami dell’albero delle arti marziali a questo termine [Wushu].
Sfortunatamente perfino all’interno degli stili “esterni” delle arti marziali cinesi, si trova un’altra divisione che compete con l’identità del wushu come termine di comprensione.
Kung Fu vs. Wushu
Possiamo ringraziare BruceLee per questo.
Grazie Bruce…credo
Lui ha introdotto il termine “kungfu” (o 功夫 gŏngfù) in Occidente senza spiegarne la traduzione letteraria.
Kung fu NON significa “artimarziali”. Tantomeno è uno stile di arti marziali.
In verità il kung fu non ha necessariamente niente a che vedere con le arti marziali.
(Ebbene si! L’hodetto)
È un termine che si riferisce ad uno specifico livello di maestria raggiunto in una certa abilità. In sostanza “kungfu” significa “un super altissimo livello di capacità quale risultato da un sacco di esercizio praticato per lungo tempo”. ( [usando il termine kung-fu] lo dici 10 volte più veloce)
Ecco perchè ho sempre trovato molto strano quando la gente dice “io pratico il kung fu” perchè letteralmente significa “io pratico la maestria”, che, onestamente, non mi dice praticamente niente di che cosa tu stia facendo. […]
Si, sono un po’ fazioso. Ma questo è comunque una questione valida su cui fare il punto.
Certamente la società, i linguaggio ed i tempi contribuiscono al cambiamento dei significati dei termini. […]
Allo stesso modo, “kungfu” è stato associato alle arti marziali cinesi, solitamente alle varianti tradizionali. (su questo argomento torniamo un po’ più avanti.)
E se si associa il termine kungfu alle arti marziali cinesi, allora ad un qualche livello il termine diverrebbe sinonimo con wushu, che anche significa arti marziali cinesi.
Ma allora, ma quale sarebbe la differenza tra il kung fu ed il wushu?
E sfortunatamente questo davvero dipende da colui a cui lo chiedi.
Alcuni diranno che non c’è differenza. Il kung fu ed il wushu sono la stessa cosa.
Altri diranno che sono completamente differenti e che il kung fu ed il wushu hanno davvero pochissimo in relazione l’uno con l’altro.
E ci saranno quelli [che staranno] nel mezzo e che diranno che il kungfu ed il wushu sono due aspetti della medesima cosa – due facce della stessa medaglia.
Ma qui è il punto…
La risposta di una persona alla domanda circa la differenza tra il kungfu ed il wushu non ti dice fondamentalmente quale sia la differenza – ti dice chi sia la persona [che risponde]. O più nello specifico, che cosa creda quella persona.
Perchè quando qualcuno ti da una risposta il cui spettro spazia in qualsiasi punto tra il “totalmentedifferente” ed il “totalmenteuguale”, in realtà essi stanno parlando più di se stessi che delle arti marziali.
Ti stanno svelando chi ESSI siano e quale sia la LORO relazione con le arti marziali.
Le presone rispondono alle domande non basandosi sulla verità, ma sulle proprie percezioni.
Perchè la verità alla domanda “qual è la differenza tra il kungfu ed il wushu?” Consiste in come tu definisca questi due termini.
E chiunque ti stia dando qualsiasi altra risposta ti sta dicendo, non quale sia questa differenza, ma quale sia la loro personale definizione dei termini kungfu e wushu.
Questo tipo di cose di solito mi infastidisce, perchè ho una sorta di piccola fissazione sul fatto che la gente imponga la propria opinione e le proprie definizioni sugli altri. Ma, adesso, semplicemente la accetto come parte del modo in cui vanno le cose. Per lo meno ci darà qualcosa di cui chiacchierare quando ci fermiamo nel parcheggio dopo aver praticato il wushu, giusto?
Dunque, dopo aver detto tutto ciò ancora sono a darvi una risposta generalizzata. (si, lo so… totalmente ipocrita)
Ma voi lo sapete, sebbene ci siano un po’ di persone che hanno preso la propria opinione su questa situazione, la grande maggioranza della gente tende ad utilizzare il termine kungfu per riferirsi agli stili “tradizionali” delle arti marziali cinesi, e wushu come il termine con cui descrivere gli stili “contemporanei” o “moderni” delle arti marziali cinesi.
Tradizionale vs. Moderno
Ancora un’altra diramazione dell’albero delle arti marziali è quella tra le arti marziali cinesi “tradizionali” e “moderne”.
Qui è dove si comincia ad imbatterci in un pochino di storia. Come si saprà, la realtà è che TUTTE le forme delle arti marziali un tempo sono state considerate “moderne”. Chiunque sia stato a uscirsene per primo con lo stile della mantide religiosa fù probabilmente considerato “vai-all’inferno-fuori-di-qui” dagli altri praticanti di arti marziali del tempo.
A: che cosa dici? Hai visto una mantide combattere con un altro insetto ed hai deciso di farci uno stile di Wushu?
B: no, sul serio. Guarda. Mi sentirei meglio a combattere se facessi finta di essere uno scarafaggio
A: …che tipo strano
No, dico davvero. Con questa roba ci posso combattere. Lo giuro
Infatti, essendo le arti marziali tanto “arti” quanto “scienzedelcombattimento”, richiedono una costante investigazione, esplorazione ed innovazione.
Quei praticanti di arti marziali che decidono che il loro sia l’unico stile che valga la pena di conoscere, e che non c’è bisogno di nessun ulteriore sviluppo, è in realtà un qualcuno che ha chiuso la sua mente ed ha tagliato fuori lo sviluppo.
Sono come quei pittori che decidono che Picasso sia l’apice della pittura, e copiano soltanto quello stile e che ritengono ogni altra esplorazione creativa successiva non degna di considerazione.
Qualsiasi cosa tu possa vedere come “moderna” (oppure strana) ad oggi, un domani sarà considerata “tradizionale”. Infatti questo sta già succedendo.
La gente oggi considera la versione degli anni ’70 del wushu contemporaneo come veramente differente nel suo approccio. Nessuno oggi davvero lo fa [cioè pratica il wushu] come facevano negli anni ’70, e dunque questo è visto – almeno sotto un certo punto di vista – come un po’ “tradizionale”.
(sicuramente non usiamo la parola “tradizionale” poiché è già utilizzata con un significato specifico nella comunità dei praticanti delle arti marziali, dunque la maggior parte di noi semplicemente dice “la vecchia scuola”.)
Dunque il wushu come forma artistica è costantemente in evoluzione. E questa evoluzione solitamente riflette le esigenze dei praticanti in qualsiasi epoca.
Sopravvivenza del più adatto
In un’epoca super lontana il wushu era un metodo per evitare che i monaci fossero troppo sedentari. Era praticato per la vitalità fisica e per la salute così che si potesse garantire di poter perseguire un percorso spirituale. La sopravvivenza in questo contesto richiese che il wushu ( o qualsiasi sia stato il nome utilizzato a quel tempo) fosse usato come un insieme di metodi per mantenere la forza e l’energia necessaria ai propri esercizi spirituali.
Dunque, un bel po’ successivamente, il wushu ha iniziato ad essere utilizzato per sopraffare le altre persone. Il mondo era un luogo avverso, e dunque la sopravvivenza in questo contesto consisteva nel proteggere se stessi e la propria famiglia. Vennero sviluppati metodi di combattimento a mani nude. Vennero forgiate armi – spade, bastoni e lance – creando sistemi di difesa che potessero essere utilizzati effettivamente. Fù un processo evolutivo, e ciascuna generazione che praticò queste forme di arti apportò dei miglioramenti adottando cambiamenti qua e là – avvolte cambiando completamente le cose al punto da renderle irriconoscibili – nell’ordine di migliorare e soddisfare al meglio alle esigenze dei tempi.
E, come ben si saprà, nella storia dell’uomo il maggior apporto di cambiamenti sociali e culturali stanno accadendo dagli ultimi 200 anni.
Sin dal XIX secolo le cose stanno cambiando ad una velocità mai vista prima. È semplicemente naturale, dunque, che anche il Wushu e le arti marziali stesse debbano cambiare. Se le arti creative sono uno specchio della società , della cultura e dei tempi in cui esse esistono, dunque il wushu è sottoposto senza alcuna eccezione a questa regola ed inoltre deve riflettere i cambiamenti sociali.
A meno che non si sia vissuto sotto una roccia [dentro una grotta] allora probabilmente si saprà che la Cina durante la metà del XX secolo ha sperimentato uno sconvolgimento radicale socio-politico globale.
Un po’ di pulizie domestiche, culturalmente parlando
Le persone che detenevano la leadership del paese decisero che era giunto il momento del grande balzo in avanti e di lasciarsi alle spalle tutte le loro pratiche tradizionali. Una grossa “purga” degli elementi cinesi tradizionali ebbe inizio, e le arti marziali furono fra quelle cose che si scontrarono con questa sfida.
Molta gente lasciò la Cina e si portò il proprio Wushu con se.
Altri rimasero in Cina e continuarono a praticare in privato.
Questa divisione geografica promosse inoltre altre divisioni nello sviluppo del Wushu.
Non chiamatelo un ritorno sulla scena…
Col tempo i tumulti interni in Cina iniziarono a calmarsi, le persone in carica del governo realizzarono che certi elementi della tradizione culturale e ed artistica cinese avrebbero potuto beneficiare il popolo.
Dunque invece di focalizzarsi su quegli elementi del Wushu che avrebbero potuto crear problemi – l’applicazione delle tecniche di combattimento – venne deciso di sviluppare le componenti del Wushu che avrebbero potuto promuovere la propria cultura – l’estetica dei movimenti di combattimento.
E così, visto l’impegno fisico necessario all’allenamento nel Wushu, ne conseguì che il Wushu si fece strada come sport da competizione.
Inizialmente, coloro che per primi svilupparono la variante sportiva del wushu lavorarono duramente per mantenerne le radici marziali.
Molti dei nuovi, giovani atleti che allora studiarono con maestri dalla mente più tradizionalista dovettero apprendere un completo sistema di applicazioni – allo stesso modo in cui lo stile venne tramandato per generazioni – prima di potersi concentrare sulla performance estetica delle forme. Le forme, secondo la tradizione, erano uno strumento con cui si poteva ricordare delle applicazioni, e non l’esatto opposto.
È proprio così. I primi atleti di wushu dovettero imparare a combattere prima di poter apprendere le loro forme. Molto difficile da immaginarsi, vero?
Ma nel tempo , questa concentrazione sulle applicazioni venne meno. Non perchè le applicazioni non siano importanti. (Chiedete a qualsiasi atleta contemporaneo di Wushu e vi verrà risposto che, senza comprendere le applicazioni, le forme sono completamente vuote.) Questo accade perchè le applicazioni non sono più da tempo ormai il criterio secondo cui si è remunerati (e si sopravvive) nel mondo del Wushu.
Ultimamente il Wushu, così come la maggior parte delle cose della vita, è diventato un problema di compensi e penalità per un certo tipo di azioni e di comportamenti. Si è remunerati dalla società/gente/vita se le tue doti sono applicabili alla sopravvivenza in determinati contesti.
Da quando la sopravvivenza dell’atleta dipende dal ricevere specifici punteggi basati su specifici criteri, allora questo è il contesto in cui avviene lo sviluppo del Wushu. Qualsiasi criterio prosperi, questo è ciò che detta la direzione che prenderà il Wushu.
La sopravvivenza del praticante di wushu non dipende più dal difendersi da qualcuno, o nell’essere in un combattimento all’ultimo sangue con altra gente. Adesso dipende dal saltare alto, apparir bello ed avere una velocità incredibile, potenza ed espressività artistica. Queste sono le ragioni per cui il wushu sportivo moderno si è sviluppato nel modo in cui si è sviluppato, ed è anche la ragione per cui anche molti stili tradizionali sono cambiati.
La remunerazione può essere piacevole
[…] Il wushu come sport a noi contemporaneo è passato attraverso numerosi cambiamenti negli anni. E vi sono molte più differenziazioni al suo interno – cambiamenti che sono davvero troppo numerosi per essere descritti qui a pieno.
Dal Sanda vs. il Taolu, al contemporaneo-tradizionale vs. il contemporaneo-moderno, agli stili del nord vs. gli stili del sud, alle armi lunghe vs. le armi corte a… beh, ti sei fatto un’idea.
Una sorta di piantina del wushu contemporaneo è un argomento che è meglio lasciare ad un altro giorno. Che sia sufficiente dire, il wushu sportivo contemporaneo è una vasta area che sicuramente merita ulteriori discussioni.
L’evoluzione del wushu tradizionale
Nel frattempo, tornando indietro alla metà del XX secolo, color che lasciarono la Cina e mantennero le loro tradizioni concentrate sull’applicazione come la primaria espressione della propria arte, si trovarono in una strana situazionenon così diversa da chi rimase in Cina.
Così come la società si era evoluta ed i popoli maturarono, il combattimento uomo a uomo (o donna a donna a seconda dei casi) non era più considerata una forma accettabile di risolvere i conflitti.
All’incirca nello stesso momento che il Wushu in Cina trovò che la sua sopravvivenza dipendesse sua dalla performance atletica, il Wushu fuori della Cina realizzò che la sua sopravvivenza dipendeva dagli aspetti della vita non concentrati sul combattimento.
Dunque, che cosa succede quando si ha un arte del combattimento i cui fondamenti si ritrovano in un mondo dove la somma espressione dell’arte stessa non è più socialmente assolutamente accettabile?
Certamente ti adatti.
è tempo di fare qualche adattamento ragazzi dell’artiglio della tigre
Ma non fù un adattamento semplice. Le persone erano radicate con le proprie tradizioni e le innovazioni spesso impiegarono diverse generazioni per affermarsi. Molte persone si stanno adattando tutt’oggi. È semplicemente naturale, reale, e forse alla fine dei conti non è nemmeno una cosa poi così tanto negativa.
Molti insegnanti che si erano concentrati sulle applicazioni delle arti marziali realizzarono che le arti marziali potevano essere utilizzate per altri scopi di sopravvivenza.
Invece di sopravvivere difendendosi o combattendo altri, si poteva sopravvivere insegnandole e tramandando la loro eredità culturale ad un’altra generazione.
Si potrebbe controbattere “Ma i mastri di Wushu hanno da lungo tempo insegnato per tramandare la propria eredità culturale.”
Sicuro, questo genere di cose non era necessariamente una novità, ma così come l’umanità prosegue nella sua maturazione sociale, l’utilizzo delle arti marziali nel combattimento divenne sempre meno comune e necessario, e questa transizione incrementò con il perdurare della pace.
Insegnare le arti marziali è così diventato sempre meno un fatto d’insegnare ai propri studenti a sopravvivere ad un conflitto – si insegnano le arti marziali così che la propria arte possa sopravvivere ai cambiamenti sociali. Insegnando ed essendo pagato per insegnare, è comunque un modo di sopravvivere nella società odierna, modo che è altrettanto legittimo come difendere il proprio villaggio dai briganti centinaia di anni fa.
Lo stato del Wushu oggi
Così, ai nostri giorni abbiamo una parte di società che utilizza il Wushu come metodo di sopravvivenza attraverso la performance di uno sport atletico – il “Wushu sportivo moderno ”.
Poi abbiamo un altra porzione della società che utilizza il Wushu come metodo per sopravvivere attraverso l’educazione culturale alle arti – il “maestro di kung fu tradizionale”.
Dunque c’è un’intera porzione al centro di questo segmento. Tuttavia quelle nicchie sociali che utilizzano ancora oggi il Wushu col significato di sopravvivere attraverso il combattimento è incredibilmente piccolo.
Questo significa che non valga la pena di studiare il Wushu ( a prescindere da come lo si definisca) se non si avrà mai una possibilità di utilizzarlo?
Certamente no.
Come tutte le arti, il Wushu va ben oltre uno specifico fine. Vi sono più facce nello studio delle arti marziali che non è possibile elencarle qui.
Dall’aspetto della salute fisica, all’elevazione spirituale, allosviluppo di destrezze e capacità specializzate utilizzabili in altri sport, nelle arti della recitazione, in altre arti, nell’educazione, gli utilizzi e le implementazioni delle arti marziali sono sterminate.
Così come chi stia studiando arti marziali da un po’ di tempo potrebbe dirti – le arti marziali non c’entrano con i conflitti, perfino se si tratta di un sistema basato su tecniche di combattimento.
Mi sono reso conto che per tante persone questo suona come un ossimoro.
Mi sono ritrovato in ben più di una discussione in cui la gente fosse ostinatamente convinta del fatto che le arti marziali siano semplicemente inerenti al combattimento e che le persone che si allenarono alle arti marziali centinaia di anni fa non lo facessero per uno sviluppo personale – ma lo facessero per sopraffare altre persone, così da non essere uccisi.
Ma è proprio qui il punto no? Questo è stato centinaia di anni fa.
Nessuno adesso sta venendo nel tuo villaggio per saccheggiare il tuo tesoro e per rubarti le vacche. Nella società odierna lo scopo delle arti marziali si è elevato.
Così come la musica che un tempo era utilizzata come mezzo per la trasmissione della tradizione orale e della storia attraverso la società, adesso è utilizzata per ogni cosa, dalla terapia allacomunicazione con gli animali, dall’espressione artistica alle terapie contro le malattie.
Il Wushu inoltre proviene da un contesto molto specifico e si è sviluppato in qualcosa che è davvero molto di più di ciò che era originariamente.
è tempo di trovare la nostra via nel Wushu…
Allora, che cos’è il Wushu?
Alla fine la risposta alla domanda “che cos’è il Wuhsu” – o per lo meno l’unica risposta che una persona potrebbe dare con una certa accuratezza – finisce per essere la risposta più inadempiente che una persona potrebbe ascoltare:
“dipende”.
Forse aiuterà pensare ad un contesto diverso…
Se un robot intelligente ma privo di alcuna emozione domandasse “che cos’è l’amore?” come si potrebbe descriverglielo? C’è una risposta semplice?
L’amore è definibile da coloro che lo provano.
Nel momento in cui si prova allora si conosce. E può essere provato in modi così differenti da gente così diversa che non esiste una singola risposta che potrebbe soddisfare tutti coloro che ne hanno esperienza.
Anche il Wushu è definibile da coloro che lo praticano.
Quando si comincia a studiare, si comincia a comprenderlo. Ma lo si comprende in un modo unico grazie a te, grazie al tuo insegnante, grazie alla tua vita ed all’ambiente in cui vivi.
Dunque non c’è una singola risposta che possa soddisfare tutti i praticanti di Wushu.
Per stravolgere completamente un’espressione popolare, il Wushu è quello che Wushu fa.
E se si è uno di quelli che” fanno” Wushu, allora la definizione che ti sei dato è veramente l’unica definizione di cui ti dovrai preoccupare.
Commento di Eric Chang – 19 Agosto 2013
Citando Mark: “le arti marziali non c’entrano niente col combattere, sebbene si tratti di sistemi basati su tecniche di combattimento”. Leggere questo per me ha molto senso, e non ci trovo nessun ossimoro. Tempo fa ho avuto una breve ma profonda conversazione di questo con mio padre; la mia tesi era – come tutti quelli che volevano apprendere il Wushu per combattere contro gli altri – “ che il Wushu fosse finalizzato esclusivamente al combattimento, che lo sia sempre stato e che sempre lo sarà”. Quello che mio padre mi rispose era molto profondo, e mi spiegò che il carattere 武 in realtà si potrebbe dividere in due parti. […] 止zhi che significa “fermare” e 戈ge “daga”, che assieme al carattere 術shu significa “l’arte di arrestare la daga”.
Il Wushu allora non è mai stato destinato ad iniziare/cercare il conflitto. Anche se le proprie qualità siano altissime, non si dovrebbero mai usarle per risolvere le cose, se lo si facesse allora ci si abbasserebbe al livello dei malandrini che cercano problemi. Dovrebbe poter essere utilizzato davvero come l’ultima spiaggia alla conclusione di un problema se niente altro potrebbe esser fatto.
Questo mi ha colpito veramente, come una mattonata. Che cosa mi disse mio padre fù così profondo che mi si è inciso nella mente per sempre, e mio padre mi ha fatto guardare al Wushu con una luce totalmente nuova. Potrei dire che questa è la mia definizione personale di che cosa sia veramente il Wushu per me.
Saluti e complimenti!
***
Grazie all’amico Mark per l’articolo e per il materiale infinito ed infinitamente utile che mette a disposizione della comunità di praticanti del Wushu.
Nel 1956 la Repubblica Popolare Cinese varò una politica sportiva di recupero e diffusione dell’arte marziale in campo sportivo. Furono costituite commissioni d’esperti allo scopo di creare esercizi e regolamenti e formare insegnanti; nasceva così il wushu sportivo.
Per il taijiquan fu creata, sulle basi dello stile Yang, la sequenza semplificata in 24 movimenti (jianhua taijiquan 24 shi), uno strumento semplice, breve e codificato per la diffusione di massa. Negli anni ’60 il gruppo di lavoro per la riforma del wushu della Commissione Statale per lo Sport, produsse altre forme: la 88 movimenti, la 32 spada, il tuishou.
Nel decennio 1966-1976 ogni attività, compresa la pratica del taijiquan, venne congelata a causa della Rivoluzione Culturale. Alla fine degli anni ’70 riprese lo studio dell’arte marziale e in particolare proprio del taijiquan che divenne la forma di ginnastica a corpo libero più praticata in Cina.
Nel 1982, a seguito delle riforme politiche di Deng Xiaoping, vi fu un grande impulso alla crescita e alla divulgazione del wushu. Grazie all’apertura delle frontiere gli insegnanti cinesi poterono recarsi all’estero e gli istituti accogliere studenti stranieri. Il taijiquan divenne uno sport agonistico anche in Occidente.
anziani praticano il taijiquan semplificato al parco
Le caratteristiche e i principi del taijiquan moderno, per quanto più semplici e meno profondi di quelli del taijiquan tradizionale, sono pur sempre da essi dedotti e non risultano pertanto in contraddizione.
Tuttavia il livellamento verso il basso della pratica, giustificato con fini di massificazione, ha portato alla nascita di generazioni d’insegnanti di basso livello, con scarsa comprensione dei principi e della tecnica, spesso protagonisti di fallaci interpretazioni dei principi stessi e quindi di una fallace trasmissione ai loro studenti.
Ecco dunque che per un nobile motivo – la diffusione della disciplina – s’è spesso ingenerato un vortice negativo: la confutazione della disciplina stessa. I requisiti del Taijiquan moderno
Fonte: Taijiquan yundong (lo sport Taijiquan), Renmin Tiyu Chubanshe (Editrice Educazione Fisica Popolare), Beijing 1978. traduzione dal cinese e note esplicative di Fabio Smolari taijimoderno1
Caratteristiche generali
轻松柔和 qingsong rouhe, sciolto e armonioso
连贯均匀 lianguan junyun, collegato e regolare
圆活自然 yuanhuo ziran, circolare e naturale
协调完整 xiediao wanzheng, coordinato e completo
Queste caratteristiche generali, riferite alle sequenze:
descrivono l’esercizio nella sua fase “matura”, sono cioè un obiettivo da raggiungere.
La “24 movimenti” è stata la prima sequenza di taijiquan moderno. Ideata con fini di standardizzazione e divulgazione di massa è ancor oggi una delle forme più conosciute in Cina e nel mondo intero.
La “88 movimenti” ricalca la sequenza Yang classica utilizzando però modalità gestuali tipiche della “24”. Fu creata per fornire agli appassionati di taijiquan uno strumento più complesso e impegnativo ma con uno standard gestuale unificato che ne facilitasse la diffusione su scala nazionale.
La “48” è costituita da movimenti tratti dagli stili Yang, Chen, Wu e Sun rimodellati secondo lo standard moderno della “24”. Fu creata da Li Deyin e Men Huifeng quale strumento tecnicamente vario e complesso adatto ad un’applicazione agonistica.
Nel 1956 la Repubblica Popolare Cinese varò una politica sportiva di recupero e diffusione dell’arte marziale in campo sportivo. Furono costituite commissioni d’esperti allo scopo di creare esercizi e regolamenti e formare insegnanti; nasceva così il wushu sportivo.
Per il taijiquan fu creata, sulle basi dello stile Yang, la sequenza semplificata in 24 movimenti (jianhua taijiquan 24 shi), uno strumento semplice, breve e codificato per la diffusione di massa. Negli anni ’60 il gruppo di lavoro per la riforma del wushu della Commissione Statale per lo Sport, produsse altre forme: la 88 movimenti, la 32 spada, il tuishou.
Nel decennio 1966-1976 ogni attività, compresa la pratica del taijiquan, venne congelata a causa della Rivoluzione Culturale. Alla fine degli anni ’70 riprese lo studio dell’arte marziale e in particolare proprio del taijiquan che divenne la forma di ginnastica a corpo libero più praticata in Cina.
Nel 1982, a seguito delle riforme politiche di Deng Xiaoping, vi fu un grande impulso alla crescita e alla divulgazione del wushu. Grazie all’apertura delle frontiere gli insegnanti cinesi poterono recarsi all’estero e gli istituti accogliere studenti stranieri. Il taijiquan divenne uno sport agonistico anche in Occidente.
anziani praticano il taijiquan semplificato al parco
Le caratteristiche e i principi del taijiquan moderno, per quanto più semplici e meno profondi di quelli del taijiquan tradizionale, sono pur sempre da essi dedotti e non risultano pertanto in contraddizione.
Tuttavia il livellamento verso il basso della pratica, giustificato con fini di massificazione, ha portato alla nascita di generazioni d’insegnanti di basso livello, con scarsa comprensione dei principi e della tecnica, spesso protagonisti di fallaci interpretazioni dei principi stessi e quindi di una fallace trasmissione ai loro studenti.
Ecco dunque che per un nobile motivo – la diffusione della disciplina – s’è spesso ingenerato un vortice negativo: la confutazione della disciplina stessa. I requisiti del Taijiquan moderno
Fonte: Taijiquan yundong (lo sport Taijiquan), Renmin Tiyu Chubanshe (Editrice Educazione Fisica Popolare), Beijing 1978. traduzione dal cinese e note esplicative di Fabio Smolari taijimoderno1
Caratteristiche generali
轻松柔和 qingsong rouhe, sciolto e armonioso
连贯均匀 lianguan junyun, collegato e regolare
圆活自然 yuanhuo ziran, circolare e naturale
协调完整 xiediao wanzheng, coordinato e completo
Queste caratteristiche generali, riferite alle sequenze:
descrivono l’esercizio nella sua fase “matura”, sono cioè un obiettivo da raggiungere.
La “24 movimenti” è stata la prima sequenza di taijiquan moderno. Ideata con fini di standardizzazione e divulgazione di massa è ancor oggi una delle forme più conosciute in Cina e nel mondo intero.
La “88 movimenti” ricalca la sequenza Yang classica utilizzando però modalità gestuali tipiche della “24”. Fu creata per fornire agli appassionati di taijiquan uno strumento più complesso e impegnativo ma con uno standard gestuale unificato che ne facilitasse la diffusione su scala nazionale.
La “48” è costituita da movimenti tratti dagli stili Yang, Chen, Wu e Sun rimodellati secondo lo standard moderno della “24”. Fu creata da Li Deyin e Men Huifeng quale strumento tecnicamente vario e complesso adatto ad un’applicazione agonistica.
Il corso di Wushu presso l’A.S.D. Oriente è diviso in fascie d’età per la gestione ottimale delle classi, e si concentra sulla pratica del Wushu attraverso lo studio e l’apprendimento dello stile detto Changquan.
« L’origine del Changquan, che in cinese vuole dire “pugno lungo” si fa risalire all’imperatore Song Taizu. Le sue tecniche si trovano descritte nel trattato, sugli stili del Wushu, del Generale Qi Jiguang.
In epoca moderna il Changquan è diventato la disciplina nazionale più diffusa, seconda solo al Taijiquan, e la sua tecnica è stata codificata in forme chiamate Taolu. La particolarità principale del Changquan è costituita dai gesti ampi e distesi, i movimenti agili e rapidi, la mano si allunga per attaccare a distanza, il passo è veloce, il salto elevato, velocità e lentezza si alternano. Le posizioni statiche sono molto solide, i ritmi chiaramente definiti e i colpi molto precisi. »
Quote Istituto di Wushu della Città di Firenze – http://www.wushufirenze.com/ChangQuan.html
La pratica del Wushu include lo studio delle 4 armi tradizionali – bastone, sciabola, spada e lancia – le forme di gruppo ed i combattimenti prestabiliti.
Il corso di Wushu presso l’A.S.D. Oriente è diviso in fascie d’età per la gestione ottimale delle classi, e si concentra sulla pratica del Wushu attraverso lo studio e l’apprendimento dello stile detto Changquan.
« L’origine del Changquan, che in cinese vuole dire “pugno lungo” si fa risalire all’imperatore Song Taizu. Le sue tecniche si trovano descritte nel trattato, sugli stili del Wushu, del Generale Qi Jiguang.
In epoca moderna il Changquan è diventato la disciplina nazionale più diffusa, seconda solo al Taijiquan, e la sua tecnica è stata codificata in forme chiamate Taolu. La particolarità principale del Changquan è costituita dai gesti ampi e distesi, i movimenti agili e rapidi, la mano si allunga per attaccare a distanza, il passo è veloce, il salto elevato, velocità e lentezza si alternano. Le posizioni statiche sono molto solide, i ritmi chiaramente definiti e i colpi molto precisi. »
Quote Istituto di Wushu della Città di Firenze – http://www.wushufirenze.com/ChangQuan.html
La pratica del Wushu include lo studio delle 4 armi tradizionali – bastone, sciabola, spada e lancia – le forme di gruppo ed i combattimenti prestabiliti.
吳鑑泉 Wú Jiànquán (Wu Chien Ch’üan 1870-1942) fù un famosissimo maestro di Wushu dedito e specializzato al Taiji Quan che praticò e visse durante il Tardo Impero ed all’inizio della Repubblica Cinese.
Wú Jiànquán imparò il Wushu da suo padre, 吳全佑Wu Quanyou , 1834-1902, uno dei più famosi studenti di楊露禪 Yang Luchan (Yang Lu-ch’an, 1799-1872) e楊班侯Yang Pan-hou (1837-1890), entrambi Manchu, ufficiali di cavalleria della Bandiera Gialla (le guardi e imperiali) e successivamente la famiglia Wu appoggiò Sun Yat-sen.
Durante la proclamazione della Repubblica, nel 1912, la Cina era in tumulto, assediata per molti anni dal controllo economico e politico di paesi stranieri; Wú Jiànquán ed i suoi compagni楊少侯Yang Shao-hou (1862-1930), Yang楊澄甫Ch’eng-fu (1883-1936) e孫祿堂Sun Lu-t’ang (1861-1932) si dedicarono massificazione ed alla divulgazione del Taiji Quan insegnandolo su scala nazionale.
Aprirono così, a partire dal 1914, corsi pubblici presso l’Istituto di Educazione Fisica di Beijing, la prima struttura che provvedeva all’istruzione del Taiji Quan aperta a chiunque; Wu Jianquan ricevette inoltre gli incarichi di istruire le 12 guardie del corpo presidenziali, e d’insegnare presso la famosissima scuola di arti marziali Ching Wu.
Come risultato dell’ampliamento del pubblico a cui insegnare Taiji, molto più vasto e fisicamente impreparato ed inesperto al Wu Shu, Wu Jianquan modifico i propri metodi didattici, aggiustando, semplificando, cambiando e celando alcuni dei contenuti marziali che appartenevano al proprio bagaglio marziale e modificò dunque quanto ereditò dal padre in una disciplina accessibile al grande pubblico. Egli però ne salvò e continuò a praticare ed a sviluppare comunque i contenuti marziali del Taiji nella pratica avanzata del Tui Shou.
Wu Jianquan partì con la propria famiglia e si trasferì dal 1928 a Shang Hai, dove nel 1936 fondò la鑑泉太極拳社Chien-ch’uan T’ai Chi Ch’uan Association, al 9° piano del famoso Shanghai YMCA: l’associazione aveva lo scopo della pratica e della divulgazione di quello che in breve tempo sarebbe divenuto uno dei 5 stili di Taiji più praticati nel mondo (gli altri sono lo stile Chen, lo stile Yang, lo stile Wu/Hao e lo stile Sun). L’associazione e le scuole ad essa affiliate vennero mantenute dai discendenti e dai discepoli di Jianquan.
Nel 1942 suo figlio primogenito 吳公儀, Wu Gongyi, (1900-1970) ereditò a direzione dell’associazione e la discendenza del Taiji Quan del metodo Wu ed egli la trasferì nel 1949 ad Hong Kong, dove attualmente è ancora, diretta dal pronipote吳光宇Wu Guangyu (1946), estesasi a Shanghai, Singapore, in Malesia, in Canada, negli Stati Uniti d’America, in Inghilterra ed in Francia.
Tra gli insegnanti più famosi del Taiji secondo il metodo della famiglia Wu possiamo ricordare馬岳樑Ma Yueh-liang, 吳圖南Wu T’u-nan e鄭榮光Cheng Wing-kwong.
吳鑑泉 Wú Jiànquán (Wu Chien Ch’üan 1870-1942) fù un famosissimo maestro di Wushu dedito e specializzato al Taiji Quan che praticò e visse durante il Tardo Impero ed all’inizio della Repubblica Cinese.
Wú Jiànquán imparò il Wushu da suo padre, 吳全佑Wu Quanyou , 1834-1902, uno dei più famosi studenti di楊露禪 Yang Luchan (Yang Lu-ch’an, 1799-1872) e楊班侯Yang Pan-hou (1837-1890), entrambi Manchu, ufficiali di cavalleria della Bandiera Gialla (le guardi e imperiali) e successivamente la famiglia Wu appoggiò Sun Yat-sen.
Durante la proclamazione della Repubblica, nel 1912, la Cina era in tumulto, assediata per molti anni dal controllo economico e politico di paesi stranieri; Wú Jiànquán ed i suoi compagni楊少侯Yang Shao-hou (1862-1930), Yang楊澄甫Ch’eng-fu (1883-1936) e孫祿堂Sun Lu-t’ang (1861-1932) si dedicarono massificazione ed alla divulgazione del Taiji Quan insegnandolo su scala nazionale.
Aprirono così, a partire dal 1914, corsi pubblici presso l’Istituto di Educazione Fisica di Beijing, la prima struttura che provvedeva all’istruzione del Taiji Quan aperta a chiunque; Wu Jianquan ricevette inoltre gli incarichi di istruire le 12 guardie del corpo presidenziali, e d’insegnare presso la famosissima scuola di arti marziali Ching Wu.
Come risultato dell’ampliamento del pubblico a cui insegnare Taiji, molto più vasto e fisicamente impreparato ed inesperto al Wu Shu, Wu Jianquan modifico i propri metodi didattici, aggiustando, semplificando, cambiando e celando alcuni dei contenuti marziali che appartenevano al proprio bagaglio marziale e modificò dunque quanto ereditò dal padre in una disciplina accessibile al grande pubblico. Egli però ne salvò e continuò a praticare ed a sviluppare comunque i contenuti marziali del Taiji nella pratica avanzata del Tui Shou.
Wu Jianquan partì con la propria famiglia e si trasferì dal 1928 a Shang Hai, dove nel 1936 fondò la鑑泉太極拳社Chien-ch’uan T’ai Chi Ch’uan Association, al 9° piano del famoso Shanghai YMCA: l’associazione aveva lo scopo della pratica e della divulgazione di quello che in breve tempo sarebbe divenuto uno dei 5 stili di Taiji più praticati nel mondo (gli altri sono lo stile Chen, lo stile Yang, lo stile Wu/Hao e lo stile Sun). L’associazione e le scuole ad essa affiliate vennero mantenute dai discendenti e dai discepoli di Jianquan.
Nel 1942 suo figlio primogenito 吳公儀, Wu Gongyi, (1900-1970) ereditò a direzione dell’associazione e la discendenza del Taiji Quan del metodo Wu ed egli la trasferì nel 1949 ad Hong Kong, dove attualmente è ancora, diretta dal pronipote吳光宇Wu Guangyu (1946), estesasi a Shanghai, Singapore, in Malesia, in Canada, negli Stati Uniti d’America, in Inghilterra ed in Francia.
Tra gli insegnanti più famosi del Taiji secondo il metodo della famiglia Wu possiamo ricordare馬岳樑Ma Yueh-liang, 吳圖南Wu T’u-nan e鄭榮光Cheng Wing-kwong.
…se si parla della Cina…viene spontaneo pensare anche alle arti marziali!
Per dire la verità, noi di Chabuduo siamo stati spinti ad approfondire l’interesse per questo paese e la sua cultura proprio dalla passione per la pratica di questa arte…
Probabilmente la diffusione dei film di Kung Fu ha contribuito in maniera decisiva ad accrescere l’interesse da parte degli occidentali verso l’oriente…e certo che molta confusione si è fatta e si fa!
Nel riconoscere ciò che è originario della Cina, o del Giappone, o di altri paesi dell’Estremo Oriente…soprattutto in merito alle arti marziali.
Ma non è certo nostra pretesa istruire, né commentare, né tanto meno criticare ciò che da altri viene scritto, affermato o divulgato in merito a questo argomento.
Vogliamo anzi mettere in evidenza una piccola parte di quella enorme quantità di informazioni e storie che è a disposizione di tutti (in rete, su riviste o libri), per cercare di stuzzicare la curiosità e la voglia di ricercare e approfondire l’argomento da parte dei nostri disgraziati avventori, attraverso citazioni, interviste, testimonianze, bibliografie e fonti che noi riteniamo interessanti.
Per cominciare abbiamo deciso di introdurre la questione mettendo in evidenza la realtà più vicina a noi in ordine di tempo e di fruibilità…
Non tutti sanno che attualmente in Cina il Kung Fu è largamente praticato come disciplina sportiva nelle scuole e in competizioni nazionali e internazionali, e che esiste un termine “di classificazione” che definisce questo aspetto delle discipline marziali cinesi come Wushu “moderno”.
In questo ambito una ulteriore classificazione viene fatta fra stili del Nord (Bei Quan) e stili del Sud (Nan Quan).
Nel Wushu moderno, in qualche modo si sintetizzano, attraverso la codificazione di stili e forme, elementi caratteristici delle tecniche di combattimento tradizionali del Kung Fu.
Gli stili moderni “codificati” , (forse a discapito di una ricerca più profonda) , possiedono un carattere marcatamente estetizzato, basato sulla rapidità delle esecuzioni e incentrato sull’interesse nella difficoltà del gesto atletico.
Una certa semplificazione garantisce la maggiore accessibilità dovuta e voluta per la massificazione delle discipline marziali, per così consentirne la diffusione tramite l’insegnamento di queste “nuove” discipline nelle scuole.
Oltre a garantire molteplici benefici psico-fisici non si preclude il fatto che la pratica del Wushu moderno costituisca una base formativa utilissima attraverso cui intraprendere un percorso di crescita nell’apprendimento di quest’arte.
铁包子Tie Baozi
Il termine 武术 Wushu
Al momento della fondazione del Comitato di Preparazione della Federazione Internazionale di Wushu nel 1985 a Xi’an, il nome utilizzato nell’atto costitutivo fu Wushu, e venne stabilito che in futuro si sarebbe usata direttamente la traslitterazione cinese e non altri nomi tradotti. […] Tuttavia l’uso del termine “Wushu” non è ancora oggi unitariamente diffuso nel mondo, ciò è dovuto in parte alla breve storia mondiale di questo sport, in parte a ragioni storiche a causa delle quali esso è stato rappresentato da altri nomi; attualmente il Wushu è chiamato Gongfu, Kungfu, Guoshu ed “Arti Marziali”.
Se sfogliamo la storia della cultura cinese possiamo vedere che le svariate forme di Wushu, in alcune migliaia di anni, sono state chiamate in moltissimi modi: tra il XX ed il VII secolo a. C. si trovano i termini quanyong – pugni e coraggio, shoubo – combattimento con le mani, jueli – provare la forza, xianggao – sopraffarsi l’un l’altro.
Tra il 770 ed il 221 a. C. compaiono nomi come jiji – attaccare abilmente, xiangbo – combattersi, shouzhan – battagliare con le mani, wuji – arte marziale, juedi -lottare. In seguito si ebbero molti altri nomi, fra i quali “Wu Yi” era comunque il più usato.
La parola Wushu compare per la prima volta nel testo “Zhaoming taizi wenxuan – raccolta di scritti dell’illustre erede legittimo”, compilato da Xiao Tong (501 – 531), letterato, figlio primogenito dell’imperatore Wudi della dinastia Liang Meridionale, ma anche in seguito il termine più popolare continuò ad essere Wu Yi.
Nel 1926 la Repubblica Cinese fissò ufficialmente il nome ” Zhong Guo Wu Shu – arti marziali cinesi”, abbreviato in Guoshu – arte nazionale, ed ancora oggi a Taiwan ed in alcuni altri paesi si continua ad utilizzare questo nome. Gli stranieri utilizzano spesso diverse traslitterazioni dei vari nomi del Wushu, come: gongfu, kungfu, guoshu, quantou, ecc… […] la parola kungfu ( o gong fu) si è diffusa nel mondo negli ultimi 30 anni al posto di Wushu.
[…] In origine la parola gongfu giunse per la prima volta in Europa circa 200 anni fa, per opera dei missionari francesi che si erano recati in Cina, ed indicava gli esercizi di conduzione del Qi ( xingqi zhi gong) dei Taoisti cinesi. Tuttavia esso non ebbe diffusione in Europa fino agli anni ‘60 e ‘70 di questo secolo, quando entrò profondamente nel cuore delle persone a seguito dei “films di gongfu” del noto artista marziale Li Xiaolong Bruce Lee.
Gongfu è il nome popolare dato al Wushu nelle province di Guangdong e Gunagxi della Cina Meridionale, ma nella storia cinese non è mai stato un termine ufficiale d’uso comune. Gongfu significa originariamente abilità, realizzazione. In cinese vi è un proverbio che dice: ” Zhiyou gongfu shen, tiechu mocheng zhen”, ossia ” solo con un profondo lavoro minuzioso si può macinare una sbarra di ferro fino a farla diventare un ago”, in altre parole “la perseveranza è la chiave del successo”.
[…] Chi studia il Wushu deve imparare a lavorare duramente e meticolosamente (gongfu), cioè deve allenare duramente gli esercizi fondamentali (jibengdong), incarnare bene l’essenza dell’abilità (gongdi), allenare bene la virtù dell’abilità (gongde) e la forza dell’abilità (gongli), ma la parola Gongfu non è mai stata un termine usato ampliamente. Mi auguro con tutto il cuore di assistere ad un ampio utilizzo del termine Wushu, e che la tecnica e la teoria del Wushu servano profondamente ed ampiamente a migliorare la salute fisica ed il carattere morale di tutti i popoli.
Shaolin Wushu Anno 1, numero 1 – Gennaio 1992
Estratto da: Xu Cai – La funzione del temrine “Wushu”, (Wushu Mingci de shiyong). Prefazione a Dizionario pratico delle arti marziali cinesi (zhongguo wushu shiyong daquan) – Traduzione di Fabio Smolari
La diffusione del Wushu in occidente
I films d’azione girati ad Hong Kong, che iniziarono a circolare in occidente all’inizio degli anni ‘70, attirarono un vasto pubblico verso le arti marziali, ma a quei tempi la Cina versava in una difficile situazione politica ed economica che le impediva contatti diretti e proficui con l’occidente in campo sportivo.
Per questa ragione si diffusero prima le arti marziali proprie di altri paesi asiatici, come il Giappone e la Corea; nonostante ciò, siccome un gran numerosi persone continuava a cercare il ” Kung Fu” (nome improprio del Wushu, derivato dalla trascrizione della pronuncia di Gongfu), alcuni improvvisati insegnanti cinesi, provenienti soprattutto da Hong Kong e Taiwan, approdarono in Occidente; ma erano il più delle volte scarsamente preparati se non addirittura approfittatori della buona fede altrui.
D’altronde, essendo molto problematico il confronto diretto con la Cina, non esistevano validi criteri di paragone per stabilire la veridicità o meno delle affermazioni dei singoli individui, e l’unica documentazione disponibile erano i films provenienti da Hong Kong, ma anche questi evidenziavano bagagli tecnici molto scarsi e lacunosi.
Nonostante questi aspetti le voci che ammantavano questo sport crebbero di continuo fino a quando, a partire dalla fine degli anni ‘70, la Repubblica Popolare Cinese inviò una squadra di atleti di Wushu in giro per il mondo in un tour di esibizioni, allo scopo di far conoscere all’occidente le vere arti marziali cinesi.
Le esibizioni toccarono anche l’Italia nel 1980 e nel 1982.
Con l’apertura della Cina all’occidente negli anni ‘80, molti praticanti dell’allora discutibile kung fu, impressionati dalle dimostrazioni viste, si recarono personalmente bella Repubblica Popolare Cinese ad apprendere finalmente lo sport tanto agognato, che trasmisero a loro volta agli appassionati del proprio paese, contribuendo così alla sua divulgazione su scala mondiale.
Dalla metà degli anni ‘80 le autorità cinesi, constatato l’enorme interesse che il Wushu andava suscitando in tutto il mondo, organizzarono corsi speciali per stranieri, e diedero l’opportunità ad atleti ed insegnanti cinesi di recarsi all’estero per insegnare questo sport.
Seguirono poi una serie di pubblicazioni e filmati nelle principali lingue occidentali che facilitarono l’apprendimento e la diffusione del Wushu nel resto del mondo.
Shaolin Wushu Anno 1, numero 1 – Gennaio 1992, A cura della Società Sportiva Quanshu di Ferrara
Lucas Christopoulos è un personaggio da leggenda metropolitana. Nato in Svizzera da padre greco e madre svizzera, a 16 anni decise di partire per la Cina per apprendere le arti marziali e la filosofia classica.
Iscrittosi al corso di laurea quadriennale della Facoltà di Wushu dell’Istituto per l’Educazione Fisica di Pechino, completò gli studi con una tesi di ricerca sulle arti marziali nell’antica Grecia. Nel 1993 conobbe Zhang Zhicheng, 7° generazione del Tongbeiquan della famiglia Qi, col quale studiò per anni l’arte del pugilato giungendone a una conoscenza completa e venendo iscritto negli albi genealogici della scuola come 8a generazione, nonché unico allievo occidentale. Al termine del tirocinio il maestro gli affidò, come vuole la tradizione, una copia del manoscritto segreto della scuola (qijia tongbei quanpu).
Nella lontana provincia del Gansu divenne allievo del famoso maestro Huang Baoshan (1907-1998), un tesoro vivente del wushu, dal quale apprese stili tradizionali come shaolin luohaquan, erlu hongquan, zuibaxianquan.
Quando Huang Baoshan morì nel 1998, incurante della scomodità del viaggio, partecipò al suo funerale ove conobbe ex allievi e compagni del maestro che arricchirono la sua formazione con le eccellenti tecniche di bastone del Gansu: “bastone dell’ubriaco” (zuigun), “bastone del vecchio che guarda il campo” (laohan kantian gun), “bastone delle 4 porte” (simengun).
Udito che nel Gansu esisteva un monastero taoista ove ancora si praticavano arti occulte, decise di recarvisi. Qui scoprì che i monaci appartenevano alla setta della “foresta dei demoni” (guilin daopai), ancor viva in soli due luoghi in Cina, e si tramandavano i classici dell’antica strategia militare, tecniche di spionaggio, pratiche magiche ed esorcistiche.
In otto anni di permanenza in Cina, e nei suoi continui lunghi viaggi di studio, Christopoulos ha conosciuto vari famosi maestri del wushu tradizionale e studiato diverse tecniche; da un maestro di Cangzhou ha appreso anche il fengmogun (bastone del demone pazzo) e quindi è oggi depositario delle 4 tecniche di bastone più famose della Cina: shaolingun, fenngmogun, zuigun, simengun.
Rientrato a Losanna – sua città natale – è stato invitato ad insegnare presso l’Università dello Sport e ha iniziato a dedicarsi alla ricerca e all’insegnamento.
Di grande interesse storico le sue ricerche sull’influenza della cultura e delle scienze ellenistiche in Asia e gli scambi tra Cina e Occidente in ambito filosofico, culturale e marziale. Nel 2001 ha iniziato una proficua collaborazione con l’Istituto Wushu città di Firenze che lo ha invitato in Italia a tenere seminari periodici di Shaolin Zhouquantui e Shaolingun per far conoscere al pubblico occidentale l’efficacia di queste tecniche antiche fortunatamente non ancora inquinate dal moderno “Shaolin tradizionale” e non richiedenti costumini gialli, gambaletti grigi e scarpette feiyue per essere apprese.