武术术语 wǔ shù shù yǔ – la terminologia del Wǔshù

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Mi auguro con tutto il cuore di assistere ad un ampio utilizzo del termine Wǔshù,

e che la tecnica e la teoria del Wǔshù servano profondamente ed ampiamente

a migliorare la salute fisica ed il carattere morale di tutti i popoli.

Xu Cai, “Wǔshù Mingci de shiyong – La funzione del termine Wǔshù”

Tian Tan Gongyuan, Liu Jinping Laoshi. Per me Jiejie Liu...
Tian Tan Gongyuan, Liu Jinping Laoshi. Per me Jiejie Liu...

Il termine 武术Wǔshù

Al momento della fondazione del Comitato di Preparazione della Federazione Internazionale di Arti Marziali cinesi nel 1985 a Xi’an, il nome utilizzato nell’atto costitutivo fu 武术Wǔshù (da qui Wushu), e venne stabilito che in futuro si sarebbe usata direttamente la traslitterazione cinese e non altri nomi tradotti.

Tuttavia l’uso del termine “Wushu” non è ancora oggi unitariamente diffuso, ciò è dovuto in parte alla breve storia mondiale di questo sport, in parte ad altre ragioni a causa delle quali esso è stato rappresentato da altri nomi, come Gongfu, Kungfu, Guoshu ed Arti Marziali.

Un rapido sguardo alla storia della cultura cinese mostra che le svariate forme di Wushu, in alcune migliaia di anni, sono state chiamate in moltissimi modi: tra il XX ed il VII secolo a. C. si trovano i termini quanyong – pugni e coraggio, shoubo – combattimento con le mani, jueli – provare la forza, xianggao – sopraffarsi l’un l’altro.

Tra il 770 ed il 221 a. C. compaiono nomi come jiji – attaccare abilmente, xiangbo – combattersi, shouzhan – battagliare con le mani, wuji – arte marziale, juedi – lottare; in seguito si ebbero molti altri nomi, e fra questi emerse il termine Wu Yi – arte della guerra, o arte marziale risultando il più frequentemente utilizzato.

La parola Wushu, invece, compare per la prima volta nel testo “Zhaoming taizi wenxuan – raccolta di scritti dell’illustre erede legittimo”, compilato da Xiao Tong (501 – 531), letterato, figlio primogenito dell’imperatore Wudi della dinastia Liang Meridionale, ma anche in seguito il termine più popolare continuò ad essere Wu Yi.

Nel 1926 la Repubblica Cinese proclamò ufficialmente il nome in 中国武术 Zhong Guo Wu Shu – arti marziali cinesi, abbreviato in 国术 Guoshu – arte nazionale, ed ancora oggi a Taiwan ed in alcuni altri paesi si continua ad utilizzare questo nome.

Nei paesi stranieri si usano spesso diverse traslitterazioni dei vari nomi del Wushu, come: gongfu, kungfu, guoshu, quantou, ecc…: la parola kungfu o gongfu si è diffusa nel mondo negli ultimi decenni al posto di Wushu. In origine la parola gongfu giunse per la prima volta in Europa circa 200 anni fa, per opera dei missionari francesi che si erano recati in Cina, ed indicava gli esercizi di conduzione del Qi ( xingqi zhi gong) dei Taoisti cinesi. Tuttavia esso non ebbe diffusione in Europa fino agli anni ’60 e ’70 di questo secolo, quando entrò profondamente nel cuore delle persone a seguito dei “film di gongfu” del noto artista marziale Li Xiaolong alias Bruce Lee.

Gongfu è il nome popolare dato al Wushu nelle province di Guangdong e Gunagxi della Cina Meridionale, ma nella storia cinese non è mai stato un termine ufficiale di uso comune.

Gongfu significa originariamente abilità, realizzazione. In cinese vi è un proverbio che dice: “ Zhiyou gongfu shen, tiechu mocheng zhen”, ossia “ solo con un profondo lavoro minuzioso si può macinare una sbarra di ferro fino a farla diventare un ago.”

Secondo la tradizione cinese chi studia il Wushu deve quindi imparare a lavorare duramente e meticolosamente (gongfu), cioè deve allenare duramente gli esercizi fondamentali (jibengdong), incarnare bene l’essenza dell’abilità (gongdi), allenare bene la virtù dell’abilità (gongde) e la forza dell’abilità (gongli), ma la parola Gongfu non è mai stata un termine usato ampiamente.

La diffusione del Wushu in occidente

I film d’azione girati ad Hong Kong, che iniziarono a circolare in occidente all’inizio degli anni ’70, attirarono un vasto pubblico verso le arti marziali, ma a quei tempi la Cina versava in una situazione politica ed economica che le impediva contatti diretti e proficui con l’occidente, anche in campo sportivo, e probabilmente anche per questa ragione si diffusero prima le arti marziali proprie di altri paesi asiatici, come il Giappone e la Corea.

Nonostante ciò un gran numero di persone perseverò nella ricerca del Kungfu, reperendo alcuni insegnanti cinesi, veri ed improvvisati, provenienti soprattutto da Hong Kong e Taiwan ed approdati in Occidente.

Essendo molto problematico il confronto diretto con la Cina, non esistevano validi criteri di paragone per stabilire la veridicità o meno delle affermazioni e delle modalità di pratica dei singoli individui, e l’unica documentazione disponibile erano i film provenienti da Hong Kong, ma anche questi, a posteriori, evidenziarono bagagli tecnici dedicati al mondo del cinema e dello spettacolo.

Nonostante questi aspetti le voci che ammantavano il Kungfu crebbero di continuo fino a quando, a partire dalla fine degli anni ’70, la Repubblica Popolare Cinese inviò una delegazione di atleti di massimo livello di Wushu in un tour mondiale di esibizioni, allo scopo di dar esempio e far conoscere all’Occidente la pratica del Wushu moderno sportivo.

Le esibizioni toccarono anche l’Italia nel 1980 e nel 1982.

Con l’apertura della Cina all’occidente negli anni ’80, molti praticanti di kung fu, impressionati dalle dimostrazioni viste direttamente o indirettamente, si recarono personalmente nella Repubblica Popolare Cinese ad apprendere il Wushu attingendo dalla fonte originale, e dunque trasmisero a loro volta agli appassionati del proprio paese, contribuendo così alla prima divulgazione su scala mondiale del Wushu moderno sportivo.

Dalla metà degli anni ’80 le autorità cinesi, constatato l’enorme interesse che il Wushu andava suscitando in tutto il mondo, organizzarono corsi speciali per stranieri, e diedero l’opportunità ad atleti ed insegnanti cinesi di recarsi all’estero per insegnare questo sport; a questa iniziativa seguirono anche una serie di pubblicazioni e filmati divulgativi e didattici redatti nelle principali lingue occidentali, dedicati sia alla facilitazione dell’apprendimento ed alla diffusione del Wushu nel resto del mondo, sia alla standardizzazione dei fondamentali e delle forme da competizione in un contesto internazionale.

La diffusione del Wushu moderno sportivo, sia come disciplina, sia come elemento culturale, è inseribile da allora nell’insieme di collaborazioni ed interscambi culturali, economici e tecnologici che ha intrapreso la Repubblica popolare Cinese in epoca contemporanea, dunque l’ampia diffusione che il Wushu moderno sportivo ha avuto, raggiungendo sempre più stati e regioni, può essere raggruppato nell’insieme del patrimonio culturale cinese che ha contribuito e costituisce parte del patrimonio culturale comune mondiale.

Come già affermato precedentemente, il Wushu, date le sue peculiarità e le sue millenarie radici, è considerabile infatti non solo come un’attività sportiva complessa e benefica, ma una risorsa storica e culturale, una parte di storia dell’arte della Cina, eredità del popolo cinese, che come l’arte della calligrafia o la medicina tradizionale è attualmente diffuso e fruibile a livello mondiale.

La diffusione internazionale del Wushu, così come di ogni altro patrimonio culturale, richiede però un processo di acculturazione ed adattamento di quanti vogliano avvicinarsi alla pratica ed allo studio, ed in questo doveroso processo di apertura verso la materia in studio è necessaria l’adozione di un linguaggio settoriale ufficiale, accurato, standardizzato, omogeneo e disambiguo.

La necessità di adozione della terminologia ufficiale standardizzata per il Wushu, ossia la nomenclatura cinese ufficiale, potrebbe essere motivata con svariate ragioni, tra cui:

  • consentire e facilitare la conservazione del patrimonio storico e culturale originario del Wushu
  • permettere la corretta comprensione a livello internazionale tramite nomi e nomenclature precise e standardizzate
  • facilitare la diffusione a livello internazionale del Wushu

L’adozione della terminologia ufficiale cinese del Wushu non si presenta dunque come una finezza superflua, di cui dotare o meno la pratica e l’insegnamento, ma una caratteristica necessaria in un contesto di diffusione nazionale ed internazionale, che porterebbe benefici sia ai singoli centri di pratica e d’insegnamento, sia agli insiemi nazionali ed internazionali di pratica.

L’utilizzo di una terminologia standard ed ufficiale faciliterebbe la comunicazione fra i praticanti, siano essi allievi e/o insegnanti, incentivando la collaborazione e l’interscambio positivo tra i membri dei vari centri di pratica.

Al tempo stesso, l’utilizzo della terminologia cinese ufficiale incrementerebbe l’importanza e l’identità di una eventuale terminologia locale, che per avere un valore oggettivo ed una significanza deve però presentare le proprie equivalenze con la nomenclatura standard ed internazionale. In altre parole, la nomenclatura standard del Wushu potrebbe essere paragonata ad un linguaggio nazionale – ad esempio l’Italiano – patrimonio culturale e mezzo primo di comunicazione di un popolo – il popolo italiano = tutti i praticanti di wushu del mondo; stabilita questa equivalenza allora si potrebbero paragonare le città d’Italia alle nazioni ed ai centri di pratica del mondo, e le terminologie locali adottate una varietà dialettale locale (ad es.: il dialetto Veneziano, Romagnolo, Toscano, Pugliese, Siciliano, ecc…).

E’ dunque evidente che, per la comprensione ed il dialogo fra i vari centri di pratica (sia le città, sia gli abitanti delle singole città – alias i praticanti di Wushu delle diverse nazioni e dei diversi centri di studio), sia necessaria l’adozione della lingua nazionale ufficiale (l’Italiano del nostro esempio) che deve essere appreso laddove esista conoscenza della sola varietà dialettale locale.

Shicha Hai Sport School, Beijing. Estate del 2005. Una ragazzina allena la forma libera da competizione di sciabola – foto personale

Giovanissima atleta in allenamento alla scuola sportiva di Shi Cha Hai, Beijing -estate del 2005
Giovanissima atleta in allenamento alla scuola sportiva di Shi Cha Hai, Beijing -estate del 2005

Come accennato precedentemente, queste varietà dialettali locali non verranno sminuite dall’acculturazione verso la lingua ufficiale e standard del Wushu, ma ne saranno ancor più valorizzate poiché si arricchiranno di fondatezza oggettiva, ed allo stesso tempo i centri di pratica avranno iniziato un processo di adeguamento verso i requisiti necessari alla diffusione mondiale del Wushu, che impone obbiettivi comuni da perseguire, oltre che l’interesse delle singole sedi di pratica.

La standardizzazione dei termini del Wushu e delle espressioni è dunque parte essenziale del processo di diffusione del Wushu stesso, un passo fondamentale e necessario nello sviluppo delle arti marziali cinesi, in particolar modo in un contesto di collaborazione, interazione e scambio internazionale, così come nei lavori di traduzione dalle fonti originali cinesi alle varie lingue del mondo.

L’utilizzo di una terminologia standard e delle espressioni ufficiali cinesi del Wushu appaiono dunque come la base della comunicazione, in un dialogo richiesto dalla inoppugnabile realtà della diffusione mondiale del Wushu moderno sportivo e dalla sempre crescente domanda di pratica, sia a livello nazionale che internazionale.

武术术语 wǔ shù shù yǔ – la terminologia del wǔ shù

I movimenti del wǔ shù sono molti, e malgrado il wǔ shù moderno in Cina sia stato sottoposto a processi di semplificazione e standardizzazione per la massificazione e diffusione verso un vasto pubblico, la terminologia rimane un linguaggio abbastanza settoriale, che non è comune incontrare nella lingua parlata di tutti i giorni.

Nel corso della storia millenaria è stato quindi sviluppato un linguaggio specifico al Wushu, settoriale, dedicato all’indicazione puntuale dei movimenti, all’espressione delle forze, alla descrizione dei metodi e delle tecniche. Il linguaggio costituitosi nell’ambito del Wushu presenta la particolare caratteristica e capacità di riassumere in modo succinto con termini appropriati una serie di movimenti, di metodi e di forme complesse ed articolate, oltre ad una certa tendenza alla descrizione simbolico/iconografica e poetica che colma di richiami e rimandi immaginari, visivi e culturali.

I movimenti del wǔ shù, essendo nella maggioranza dei casi molto difficili, richiedono dunque una precisa nomenclatura ed una altrettanto precisa struttura della nomenclatura stessa, per così illustrare e spiegare adeguatamente i metodi nominati. Ad esempio, con il nome Xie Bu – passo di riposo, si intende un metodo del passo fondamentale che se dovesse essere spiegato per esteso richiederebbe molte parole, tipo “forma del passo accavallata, ginocchia piegate, gamba sottoposta con il tallone alzato, gamba sovrapposta con il tallone a terra, busto in avanti spinge in direzione dei ginocchio sovrapposto” .

Per la spiegazione precisa dei movimenti del wǔ shù, per il dialogo tra studenti ed insegnanti, così come nel dialogo e nelle discussioni tra praticanti l’uso e la conoscenza della corretta terminologia del wǔ shù abilita, facilita, concretizza lo scambio e l’espressione orale e scritta del patrimonio del wǔ shù stesso.

La terminologia del wǔ shù, laddove conosciuta ed usata correttamente, costituisce una sorta d’interlingua attraverso la quale è possibile la precisa e disambiguata comunicazione fra tutti i praticanti e gli studiosi delle arti marziali cinesi.

L’esperienza personale di allenamento e di pratica con insegnanti e compagni cinesi e di altre nazionalità, ha reso evidente che l’uso corretto della terminologia nell’insegnamento e nell’allenamento del wǔ shù non solo aiuta ad un apprendimento più rapido dei movimenti e delle sequenze di movimenti, ma contiene e performa una grande significazione per lo sviluppo della teoria e dell’esperienza stessa, nello studio del patrimonio marziale, artistico e culturale del wǔ shù.

La terminologia del wǔ shù è da considerarsi dunque uno strumento per lo scambio dell’esperienza e della ricerca scientifica nel campo dell’educazione fisica e della pratica delle arti marziali cinesi, è un vero e proprio metodo fondamentale, il cui utilizzo permette di innalzare la qualità dell’insegnamento e dell’allenamento, così come la qualità dell’insegnante e la qualità dell’allievo.

La terminologia del wǔ shù, grazie ai continui riferimenti culturali, iconici ed artistici non è solamente per una oggettiva descrizione del movimento e delle tecniche, cioè non è una sorta di “formula chimica” che esprime le parti di una reazione, ma sviluppa e descrive alcune precise caratteristiche performative ed espressive che sussumono ogni movimento, ogni tecnica, ogni metodo.

Dall’analisi della terminologia del wǔ shù si possono identificare tre caratteristiche principali:

1. precisione o puntualità: descrizione precisa della struttura del movimento, per il quale solitamente non vi è nomenclatura alternativa, se non in un contesto di terminologia locale, regionale o specifica dei singoli centri di pratica

2. essenzialità o riassuntività: si usano parole e termini essenziali per spiegare bene e con precisione ogni caratteristica principale del movimento. Questo aspetto deriva dalle caratteristiche della lingua cinese, di cui la terminologia del wǔ shù è ovviamente sottoinsieme, un linguaggio settoriale, così come il wǔ shù stesso è parte del patrimonio del popolo e della cultura cinese

3. facilità o semplicità: la terminologia del wǔ shù moderno sportivo si è formata ed è stata scelta in modo efficiente, per risultare facilmente comprensibile e ricordabile, così da aiutare il processo di assimilazione delle forme e delle sequenze di movimenti dei vari e numerosissimi metodi delle arti marziali cinesi

Un esempio: 武术基本功 , 武术基本动作

Wǔshù jī běn gōng, Wushu jī běn dòng zuò

Il termine基本功 jī běn gōng indica il lavoro sui fondamentali basilari del wǔ shù, ed è composto dai caratteri 基 jī – base, radice, fondamenta, dal carattere 本běn che indica nuovamente il concetto di radice e di base, inteso anche come sorgente da cui scaturisce un qualcosa, come le radici di una pianta o le fondamenta di un edificio, ed il termine 功gōng merito, conquista, risultato, ottenimento, conseguimento.

Il termine jī běn dòng zuò è costituito dai primi due medesimi caratteri, 基本 jī běn, dunque da 动dòng – agire, muovere, e dal carattere 作 zuò – praticare, performare, ma i due caratteri apposti 动作 dòng zuò devono essere considerati assieme, ed indicano il concetto di movimento, moto azione.

Quindi mentre 基本功 jī běn gōng appare come l’espressione di un concetto legato all’ottenimento del 基本 jī běn – i fondamentali del 武术wǔ shù – 基本动作 jī běn dòng zuò descrive ed esprimere la performance, l’azione, la fase pratica dell’esecuzione o dell’apprendimento dei 基本 jī běn del 武术wǔ shù.

Dagli appunti manoscritti di Liu Xue Qian leggiamo:

I fondamentali del wǔ shù sono jī běn gōng e jī běn dòng zuò.

  1. jī běn gōng è l’allenamento indirizzato allo sviluppo delle qualità fisiche e psico/fisiche ottimali e necessarie alla comprensione, all’assimilazione, all’esecuzione ed all’interpretazione delle abilità delle tecniche del wǔ shù
  2. jī běn dòng zuò, è la pratica delle tecniche e delle abilità del wǔ shù, i cui movimenti ed i cui metodi sono raccolti nell’insieme del jī běn dòng zuò. Jī běn dòng zuò allora
  • è un nome per ogni movimento, un gruppo di movimenti uniti
  • è anche il nome di ogni singola parte del movimento del wǔ shù

ad esempio il gruppo di movimenti (Zu He Dong Zuo) di jī běn dòng zuò detto Ma Bu Jia Da è un fondamentale del Quan Shu – l’arte del pugno del wǔ shù composto da tecniche fondamentali a loro volta di jī běn dòng zuò, ossia il metodo e la forma del passo Ma Bu, ed i jī běn dòng zuò della forma e del metodo del pugno Jia Quan, Da Quan e Ce Chong Quan

Già dallo studio della morfologia del termine jī běn gōng, appare evidente che siano state distinte 2 fasi inerenti all’allenamento dei fondamentali del wǔ shù, e dunque con jī běn gōng si indichi il lavoro e le pratiche fisiche di addestramento e di condizionamento fisico e psico-fisico finalizzato non al mero allenamento atletico, ma alla costruzione, allo sviluppo ed al miglioramento dei presupposti necessari all’esecuzione ed all’apprendimento dei 基本 jī běn – fondamentali.

Attraverso l’allenamento del jī běn gōng, e dunque possibile praticare ed allenare correttamente le tecniche ed i metodi del wǔ shù, indicati dal concetto di 武术基本动作 wǔ shù jī běn dòng zuò.

L’allenamento del jī běn gōng dunque potrebbe essere considerato sia una fase propedeutica, necessaria ed ottimizzante l’esecuzione ed il miglioramento del bagaglio di wǔ shù jī běn dòng zuò già appresi, sia una necessaria preparazione finalizzata all’apprendimento di jī běn dòng zuò più articolati, tecnicamente ed atleticamente più complessi; lo scopo degli esercizi propri del jī běn gōng, consiste nella creazione, nel mantenimento e nel miglioramento delle qualità fisiche e psico/fisiche necessarie alla capacità di afferrare le tecniche ed i metodi del wǔ shù.

L’allenamento del jī běn gōng crea dunque i presupposti e migliora la capacità di comprendere ed afferrare la tecnica del wǔ shù, delle forme Taolu e del combattimento Sanshou/Sanda: è nell’allenamento del jī běn gōng che si sviluppano quei presupposti fisici di atleticità, agilità, flessibilità, forza, e coordinazione necessarie all’esecuzione delle tecniche di wǔ shù.

Attraverso l’allenamento del jī běn gōng si sviluppano velocemente le qualità fisiche, ed intensificando e rafforzando il jī běn gōng si aumenta e si facilitano le capacità di afferrare le abilità delle tecniche di wǔ shù. Lavorando il jī běn gōng si aumenta la qualità della tecnica e si preparano quei presupposti e quelle capacità necessarie all’apprendimento di tecniche più complesse.

Allenarsi al jī běn gōng significa inoltre sviluppare una buona qualità nell’attitudine al superamento delle difficoltà, si aumenta la possibilità e la condizione di prevenzione e diminuzione degli infortuni e dei danni fisici, dunque si allunga la vita d pratica del wǔ shù e dello sport.

L’allenamento del jī běn gōng richiede severità.

Per allenare il jī běn gōng bisogna avere una richiesta severa, e questa richiesta severa viene tanto dall’allenatore quanto dagli allievi, e si concretizza nella “capacità di sopportazione”, così come si comprende dallo studio dagli appunti manoscritti di Liu Xue Qian “ […] per allenare il jī běn gōng bisogna avere uno spirito di sopportazione, sopportare la fatica. C’è un detto in Cina: quando si allena il jī běn gōng bisogna sudare 6 volte: sudare dalla pelle, dal muscolo, dal tendine, dall’osso, dal midollo e dal sangue.”

L’addestramento del jī běn gōng sviluppa l’ingegnosità, ossia la capacità di usare la forza in modo ingegnoso, che deriva da un’attitudine di attenzione e concentrazione alla pratica, che si concretizza nella necessità di interrogarsi ed auto-valutarsi ogni esercizio, ed all’interno di ogni esercizio in ogni ripetizione, ed all’interno di ciascuna ripetizione in ogni movimento: nella pratica del jī běn gōng e del jī běn dòng zuò, così come nella pratica tutta del wǔ shù, è la persona che domina l’allenamento, non è l’allenamento che domina la persona.

La pratica del jī běn gōng richiede e sviluppa perseveranza. Allenarsi con perseveranza; sempre dagli appunti di Liu Xue Qian leggiamo: “c’è un detto in Cina: per allenare il jī běn gōng bisogna allenarsi ogni giorno, ed in un giorno 3 volte. Se è lasciato un solo giorno è lasciata tutta la capacità”

Lo scopo del Ji Ben Dong Zho è quello di migliorare la capacità di percepire, afferrare, metabolizzare e sviluppare i movimenti fondamentali del wǔ shù e le sue tecniche nelle forme e nei metodi del pugno e del palmo, nelle forme e nei metodi del passo, nel metodo del corpo, nel metodo dell’equilibrio, nel metodo del salto, della caduta, nei metodi propri di ogni varietà di arma del wǔ shù.

Jī běn gōng e jī běn dòng zuò dunque sono entrambe parte della pratica completa del wǔ shù, così come lo ying e lo yang possono essere considerati principi compartecipi e contenuti l’uno nell’altro, manifestazioni simbiotiche della realtà.

Terminologia ufficiale e terminologie locali: la situazione a Firenze

La personale esperienza di praticante di Wushu è principalmente avvenuta ed attualmente è in Firenze. Essa può essere riassunta in pochissime righe, dato che per quanto sia stata ed attualmente sia intensa ed importante, inizia solamente nel 2002, quando cominciai lo studio del Taiji Quan stile Yang sotto la guida di Rosaria Lenti, con i compagni Simone Pacini e Lucia Bernardi del centro olistico Aditi di Livorno (attualmente Centro Acqua Viva, sempre in Livorno).

Introdotto poi in modo più completo allo studio del Wushu dall’eclettico maestro Gualdani dell’Istituto di Wushu della Città di Firenze A.S.D., mi sono dedicato principalmente allo studio ed alla pratica del Taiji Quan, con ampi sconfinamenti nel mondo del Chang Quan, del Nan Quan e delle armi da gara, rimanendo stregato ed insaziabile di apprendere qualsiasi cosa inerente al Wushu che venisse proposta nella nostra sede sociale.

Ho poi frequentato, saltuariamente per alcuni progetti e lezioni comuni, anche la Scuola del Fiume A.S.D. sempre in Firenze, allenandomi con i maestri Peis e Bernacchioni, e sempre a Firenze ho avuto la fortuna di frequentare le lezioni delle maestre Yang Hui, Li Yan Jun e Yang Li, brevissima ma per me affascinante conoscenza del maestro Lucas Christopoulos, lo studio di pochi mesi dello stile Chen prima con Alessio Frosali e poi con il Maestro Fabio Smolari. Ineguagliabile lo stage con il maestro Zhu Tiancai a Firenze per lo stile Chen, così come i dialoghi con il maestro Riccardo Pattarino, fonte inesauribile di sapienza ed esperienza sul Wushu, pioniere dello studio delle arti marziali cinesi al quale, a Firenze, tutti debbono qualcosa.

A Beijing, estate del 2005. Fu Yang ed io scherziamo
A Beijing, estate del 2005. Fu Yang ed io scherziamo

Pechino, nell’estate del 2005, ho potuto allenarmi con i maestri Shi e Liu (mai saputo il loro nome per esteso…) presso il parco di Tian Tan Gongyuan, e sempre a Tian Tan l’esperienza per me insostituibile ed ineguagliabile, non accademica, di allenamento e pratica con la maestra Liu Jin Ping ed il gruppo che a lei fa capo.

Questa mia piccola esperienza è niente in confronto ai vissuti pluridecennali di insegnanti e praticanti che ho avuto la fortuna d’incontrare a Firenze in Italia ed in Cina, ed in questa mia breve vita di praticante di Wushu ho potuto provare sulla mia pelle l’importanza e la verità di quanto precedentemente affermato: l’adozione e l’utilizzo della terminologia standard ufficiale nella pratica e nell’insegnamento del Wushu è fondamentale.

Davanti ad un caffè con il fraterno amico e compagno di pratica Alessandro – Tie Baozi, riconoscevamo infatti la nostra fortuna, nell’aver ricevuto una formazione nel Wushu impostata con i nomi cinesi ufficiali, allo stesso tempo avvertivamo la necessità di veder adeguata la terminologia locale di tutte le sedi di pratica in Firenze ed in Italia allo stesso standard internazionale ed ufficiale richiesto dalla Federazione Internazionale di Wushu, o per lo meno di quei centri di pratica iscritti sotto la F.I.Wu.K., a sua volta membro della International Wushu Federation.

Ricordavamo, infatti quei casi in cui, nelle sedute di allenamento e di pratica, continua ad essere diffusa tra allievi ed insegnanti solamente una terminologia locale, non riferibile alla nomenclatura ufficiale cinese stabilita; in questi contesti allora avvertiamo la mancanza di acculturazione verso la nomenclatura ufficiale del Wushu, con il risultato di una seria difficoltà nel dialogo, nella collaborazione e nell’interazione tra i centri di pratica sia tra allievi sia tra insegnanti – in entrambi i casi praticanti – della medesima famiglia di discipline, fenomeno che si è evidenziato con:

  • il fraintendimento ed incapacità nella comunicazione nei termini tecnici durante le sedute di allenamento guidate da insegnanti esterni, in particolar modo stranieri
  • difficoltà nel riconoscimento delle tecniche, delle forze e delle gestualità del Wushu
  • impoverimento della terminologia locale
  • limitazione nel numero e nella qualità degli strumenti didattici che i centri di pratica forniscono ai propri praticanti
  • incongruenza con gli obiettivi preposti di collaborazione con strutture nazionali ed internazionali
  • incongruenza con l’obiettivo sociale e culturale di lavoro comune per la diffusione e lo sviluppo del Wushu sul territorio

Questa situazione è poi in evidente contrasto con la politica delle associazioni di pratica del Wushu – intrapresa ormai da anni sul territorio fiorentino e regionale toscano – di collaborazione con le strutture ufficiali cinesi di pratica del Wushu sportivo – nel nostro caso le insegnanti dell’Università di Educazione Fisica di Pechino Li Yan Jun e Yang Li – autorità internazionali che, ovviamente, utilizzano solamente le terminologia cinese ufficiale standardizzata.

Giovanissimi praticanti di Wushu
Giovanissimi praticanti di Wushu

Sarebbe dunque auspicabile, sia nell’ottica di coerenza verso l’impegno preposto allo studio ed alla diffusione del Wushu – sia nell’ovvio obiettivo dei centri di pratica di voler e dover fornire a TUTTI i praticanti (non solo insegnanti ed istruttori) gli strumenti possibili e necessari allo studio ed all’approfondimento del Wushu – che si passi ad un periodo di riforma che preveda un percorso di acculturazione in questo senso.

Questo cammino dovrebbe basarsi sul dialogo con le istituzioni di riferimento ufficiali per la comprensione di quali siano gli standard richiesti e per l’identificazione delle carenze e delle lacune tecniche, atletiche e, per il Wushu moderno sportivo, acrobatiche: l’adozione e l’utilizzo della terminologia standard ufficiale cinese sembra essere un fondamentale tecnico necessario, se vi è il desiderio di appartenenza al mondo dei fruitori e praticanti del Wushu moderno sportivo.

L’adozione della nomenclatura ufficiale e la sincronizzazione con eventuali terminologie locali, valorizzerà i patrimoni culturali dei singoli centri di pratica e fornirà ai praticanti uno strumento di apprendimento e di espressione fondamentale, contribuendo veramente alla costruzione di individui e strutture non più isolate, ma capaci di permeabilità e di interazione.

羞龙 Xiulong – Stefano Zamblera

Bibliografia

Shaolin Wushu Anno I, numero 1 – Gennaio 1992, A cura della Società Sportiva Quanshu di Ferrara

Prefazione a Dizionario pratico delle arti marziali cinesi (Zhongguo Wǔshù shiyong daquan) Traduzione di Fabio Smolari

Duan Ping, Zheng Shouzhi, 2008 “Chinese – English and English Chinese Wushu” Dictionary; People’s Sports Publishing House

Gatti Franco, Zhao Xiuying, 1996 “Dizionario compatto cinese-italiano, italiano-cinese e conversazioni”, Zanichelli Editore

Qian Liu Xue, 1999 “appunti sulla terminologia fondamentale del Wushu”, manoscritto non pubblicato

Xu Cai, “Wǔshù Mingci de shiyong – La funzione del termine Wǔshù” (Wǔshù Mingci de shiyong)

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