Libeccio

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Il vento di verde m’inonda m’inonda
m’investe la faccia a folate a folate
Libeccio di sudsudovest di onda in onda
e di baccano e rapina di quiete
e d’aria, mi taglia il fiato di bocca dal naso
le mani distese in alto solleva
mi spicca le dita mi scuote a caso
di refole teso mi spinge nervoso
e latrando in fessure nel blu si dilegua.
Smeralda materia di fiume di aria scorre
come mattino,
o tempo,
si sfalda, rinasce.
Scruto il mare impazzito che sotto corre
al fermo volo di gabbiani in scorta di pesce
fra frange avorio e spruzzi di scogli.
Quest’opera re di vento da molto lontano
mi viene incontro solido di mille bardigli
non so come si scansi
non so come si pigli
non so se concluda o prosegua
quel discorso antico e sospeso
di Morte,
di Vita,
di figli:
essere.
come il mio umano
come ogni essere finché si dilegua.

Libeccio sapiente,
impermanente.
Mi sbatti sul petto furioso furioso.

Libeccio potente,
Libeccio orgoglioso,
navigatore dei flutti dai vita alle onde,
le palme ti accolgono sventolando le fronde.
Sul ritmo delle colonne scaraventi maroso
dopo maroso, diluvi su questa scacchiera,
bicromia sincopata infradiciata specchiera,
del verde del mare tra spruzzi e spruzzi,
fra schianti improvvisi di schiaffi di schizzi,
Labronico Dani con arte e destrezza
fra i tuoi schiamazzi,
in quadrante talento,
di scatto ti coglie così bello in Terrazza
in tutto il tuo essere di esser di vento.

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